L’ostinazione con cui da ormai sedici anni periodicamente viene riproposta la possibilità di realizzare a Trieste un gigantesco acquario, suscita ogni volta, e sempre di più, sospetti e diffidenza.

Bocciato da gran parte della cittadinanza perché eticamente ed economicamente non sostenibile, supportato a fasi alterne da partner e finanziatori che poi cambiano idea e lasciano il posto ad altri avventurieri che a loro volta perdono interesse strada facendo, il progetto nasce praticamente già morto, eppure non smette di eccitare l’appetito degli unici che potrebbero guadagnarci qualcosa: grosse imprese di costruzione, industria dell’intrattenimento, banche e finanziarie, studi di architettura e ingegneria e, ovviamente, Antonio Paoletti, tentacolare personaggio ormai incrostato da ben vent’anni alla presidenza della Camera di Commercio e ideatore del “Parco del Mare”. Nel caso la speculazione andasse a buon fine, sarebbero gli unici soggetti che godrebbero di profitti e altri vantaggi non solo economici.

A non guadagnarci proprio niente, e anzi ad andare in netta perdita, sarebbero invece tutti gli altri, cioè i triestini, e in particolare i commercianti, ai quali la Camera di Commercio, per finanziare il Parco del Mare, ha imposto una tassa che viene loro prelevata da quando Paoletti ebbe la sua trovata circense, e cioè a metà dello scorso decennio.

Nel 2017, nell’ennesimo tentativo di far approvare il progetto dal Comune, il costo stimato dell’operazione si aggirava intorno ai 45 milioni di euro, senza contare tutti i costi già sostenuti per consulenze, progetti e costituzione di società ad hoc. Circa un terzo di quella cifra proviene dall’imposta pagata dai commercianti, che ora però chiedono alla Camera di Commercio di impiegare quel denaro per sostenere gli operatori economici costretti a fronteggiare la crisi causata dalla pandemia.

Ma in Piazza della Borsa non sembrano essere di questo avviso, e del resto, che cosa ha mai fatto di concreto la ridondante e pachidermica istituzione per aiutare imprenditori, commercianti e artigiani a superare le difficoltà che anche prima del Covid ne insidiavano le attività? Oltre a gestire la benzina agevolata, riscuotere i diritti annuali e imporre la tassa sul Parco del Mare, non risultano azioni particolarmente incisive. Altrimenti, almeno una parte di tutte le saracinesche che si sono abbassate per sempre anche nelle vie più centrali di Trieste sarebbero rimaste aperte e avrebbero mantenuto la città più vitale e produttiva.

Come presidente della Camera di Commercio, Paoletti non ha quindi ottenuto grandi risultati, anzi, osservando lo stato in cui versa il commercio triestino da quando lui si è insediato, si può dire che sia stato un vero fallimento, un fallimento che dura da vent’anni. Che cosa ci si può aspettare allora se il Parco del Mare dovesse davvero essere realizzato? Il costo iniziale sarebbe senz’altro elevatissimo, ma le spese veramente pesanti arriverebbero successivamente, continue e implacabili: quelle di manutenzione. Gestire e mantenere in efficienza una struttura di quel tipo ha costi eccezionali, e ancora una volta non è difficile indovinare dove si andrebbe a battere cassa.

L’aspetto etico e ambientale non è meno importante. Il Parco del Mare mostrerebbe pesci e mammiferi sottratti al loro habitat e travasati in vasche, condannati a terminare la loro esistenza in cattività, in nome a quanto pare soltanto di una concezione dell’intrattenimento travisata ed in via di estinzione.

Come non bastasse l’ipotetico cantiere sorgerebbe in area pubblica, che sarebbe sottratta ai cittadini per consegnarla di fatto ai privati: dopo aver praticamente fatto il giro virtuale della città, con diverse sedi ipotizzate per la sua realizzazione, ora si pensa alla zona della storica Lanterna, zona che certo oggi non appare particolarmente curata, ma che in prospettiva di edificazione di una cubatura importante degli edifici del Parco sarebbe definitivamente compromessa, con la perdita di un profilo cittadino storico unico.

L’unico argomento che i sostenitori del Parco del Mare offrono è che sarebbe una formidabile opportunità per sviluppare il turismo e il suo indotto. Si tratta di un ragionamento senza alcuna strategia, non a caso rimasto immutato per più di quindici anni e supportato più o meno attivamente da ogni Amministrazione Comunale che si è succeduta, mentre il mondo attorno cambiava.

Purtroppo, questi sostenitori sono proprio gli stessi che sono riusciti a far saltare le linee di traghetti per la Grecia, a ritrovarsi impotenti quando il Parco del Castello di Miramare era stato ridotto a un campo da motocross, a far trasferire il Museo di Storia Naturale in una palazzina di periferia, a perseguitare i gestori di bar e ristoranti con regolamenti millimetrici, a non essere stati mai in grado neanche di allestire dei servizi igienici pubblici permanenti e funzionanti. E sono sempre loro che sono andati a implorare Costa Crociere di far assegnare uno scalo settimanale a una nave bianca a Trieste. Ha dunque qualche fondamento lo scetticismo che i triestini nutrono verso questi finissimi strateghi del marketing turistico.

Il Parco del Mare non è vantaggioso per la città, per i triestini e per gli animali che dovrebbero starci rinchiusi dentro, e i fondi accantonati per la sua costruzione dalla Camera di Commercio dovrebbero ritornare a coloro che li hanno versati, perché oggi ne hanno particolarmente bisogno, come hanno avuto modo di ribadire con una petizione da più di 1.300 firme.

Oggi con quelle risorse sarebbe possibile non solo garantire un sostegno diretto alle attività commerciali in crisi, in particolare quelle rimaste sempre fuori dai grandi progetti di valorizzazione del centro città, ma anche ripensare interamente il tessuto commerciale della città, favorendo l’aggregazione attorno a centri di quartiere, rivitalizzando gli spazi pubblici delle periferie, garantendo anche per gli operatori più tradizionali l’accesso alle nuove tecnologie e alle nuove modalità di vendita. Tutte prospettive molto più funzionali allo sviluppo della città rispetto a un inutile e non sostenibile zoo liquido.