Ci sono molti motivi per dover ringraziare Mario Sommariva d’essere stato qui con noi, in questi ultimi cinque anni, bellissimi e finiti, ma che ricorderemo perché in questo pur breve tempo è stato gettato un ponte d’ancoraggio verso il futuro e un possibile diverso sviluppo della città. 

Nell’intervista di ieri a Il Piccolo Mario ha espresso un sentire, comune per molti di noi, con parole semplici e chiare, impossibili da fraintendere o manipolare: le basi che consentono alla città di svoltare sono quelle che pongono il lavoro al centro di ogni iniziativa, perché “la Costituzione parte dal lavoro, valore fondativo della nostra convivenza e della società. Il lavoro  e le persona sono la prima infrastruttura del porto: non hai servizi ed efficienza senza qualità del lavoro”. Una semplicità, avrebbe detto qualcuno, che è  difficile a farsi, eppure è solo su  questo punto che si è sviluppata quella strategia che tenendo assieme il lavoro, la ferrovia, lo sviluppo delle infrastrutture e il Porto Franco internazionale, ha consentito di lasciarsi alle spalle un passato di stagnazione per proiettare la città sullo scenario globale delle nuove rotte commerciali. Ed è soprattutto nella movimentazione, con la Adriafer in mano pubblica, che i primi obiettivi di qualità sono stati raggiunti, resistendo anche nonostante la pandemia e garantendo un elevato livello di efficacia ed operatività. 

Mi piace ricordare che nel maggio scorso ad un evento al Lavatoio di san Giacomo dove esponenti della “vecchia guardia” della CULPT incontravano i giovani della CLPT per un confronto e forse per un ideale passaggio di testimone Mario, facente allora funzioni di supplenza di Presidente dell’AdS a causa della sospensione di D’Agostino, intervenne ricordando come, per lui, il porto fosse sinonimo di umanità, di cultura, di passione, e come anche nelle strettoie di quella difficile circostanza quelle caratteristiche, quelle qualità avessero consentito ad un popolo di lavoratori di ritrovarsi a fianco del loro Presidente, in una unità conquistata attraverso la difesa e la valorizzazione del lavoro; e come vi si fosse giunti dopo una lunga gestazione, dopo aver superato le forche caudine di un empasse che durava da troppo tempo, che per qualcuno significava una rendita di posizione, un’occupazione burocratica di potere, ma che era un ostacolo che andava rimosso per poter consentire al porto di rinnovarsi e decollare. «Quando giungemmo qui ci accorgemmo che c’era ancora in vigore l’ Ordinanza Ciano del 1929, quella per cui i facchini avevano paghe inferiori a quelli dei portuali, e minori tutele. Solo nel 2017 questa ingiustizia fu rimossa».

I Lavoratori sono il Porto, e non le infrastrutture o le merci che vi sono al suo interno. Ed è solo attraverso il lavoro stabile, qualificato, ben retribuito e sicuro che si può fare la differenza. Va dato atto al Segretario generale dell’Autorità Portuale che proprio in virtù di quella cultura operaia, solidaristica, inclusiva, non settoriale né corporativa è stato possibile realizzare questo percorso. Per questo noi tutti gli dobbiamo molto, eppure possiamo dirgli, per ora ed intanto, solo grazie. Ma teniamoci in contatto, perché avremo ancora bisogno di te e dei tuoi consigli… Buon lavoro nel nuovo impiego che ti attende.

 

Marino Calcinari Coordinatore Assemblea Tematica Economia