Perché oggi si sciopera, in Italia e a Trieste? Lo abbiamo chiesto a Michele Piga, Segretario Generale della CGIL Trieste, in quest’intervista a cura di Leo Brattoli.

 

«Aderire a questo sciopero servirà a dare la sveglia ai partiti che devono rappresentare il lavoro e uno scossone al Governo di questo Paese, perché capisca che bisogna dare delle risposte alle donne e ai giovani, alle lavoratrici e ai lavoratori, alle pensionate e ai pensionati, intervenendo sulla riduzione delle tasse per chi lavora. Chiediamo che si vada in pensione con 41 anni di contributi o a 62 anni di età e non come adesso a 70. È una cosa sostenibile in un regime contributivo, che non appesantirebbe le casse dell’Inps. Occorre redistribuire la ricchezza, facendo pagare meno tasse a chi le paga già e facendo della lotta all’evasione fiscale un tema centrale. È arrivato il momento che il Parlamento e i partiti comincino a dedicarsi a chi questo Paese lo manda avanti».

Esordisce così in questa conversazione con Adesso Trieste Michele Piga, segretario generale della Cgil di Trieste, nella giornata dello sciopero generale lanciato insieme alla Uil al motto di “Insieme per la giustizia”

La legge finanziaria in discussione è il primo vero atto politico di gestione del governo Draghi, una manovra espansiva in un contesto di crescita economica, del valore di circa 30 miliardi di Euro.  Negli ultimi cinque anni ci sono stati interventi a pioggia sulle imprese che non hanno determinato un risultato apprezzabile, tanto meno per quel che riguarda la redistribuzione della ricchezza. Con la pandemia sono aumentati sia i miliardari che i poveri, questi ultimi cresciuti di un milione nell’ultimo anno. 

Quale idea contrapponete al Governo?

In questa stagione in cui la polarizzazione della ricchezza è sempre più forte, Cgil, Cisl e Uil hanno presentato una piattaforma per cambiare il paradigma, intervenendo innanzitutto a favore delle parti più fragili della nostra popolazione, i giovani e le donne. Chiediamo un intervento forte rispetto alla tassazione del lavoro, in Italia più alta che negli altri Paesi d’Europa. Le premesse per farlo c’erano tutte e invece il governo presenta una riforma parziale sul fisco del valore di 8 miliardi di euro, 7 miliardi per la rimodulazione dell’Irpef  di cui beneficeranno maggiormente le persone con reddito più alto, con scarsi effetti sulle classi più povere,  e un miliardo riservato al taglio dell’Irap alle imprese, indebolendo il servizio sanitario che dall’Irap viene in buona parte finanziato. In un contesto di crisi sanitaria in cui serve una protezione sociale più forte mi pare evidente che un tema vero riguardi proprio la salute pubblica.

Proviamo a legare il tema sanitario all’attualità territoriale: l’Atto aziendale recentemente proposto dall’Azienda Sanitaria Giuliano Isontina dimezza i distretti sanitari e i distretti di salute mentale a Trieste. Che valutazione ne dai? 

Non mi soffermerei tanto sul numero dei distretti, ma sulla funzione dei distretti stessi che nell’atto aziendale del direttore Poggiana diventano un committente di servizi, cosa che a noi preoccupa molto.

Noi siamo per una sanità territoriale, per la medicina di prossimità, tenendo conto anche della realtà anagrafica del nostro territorio abitato da persone anziane che hanno sempre più bisogno di questo tipo di servizio. In realtà l’Atto aziendale dell’Asugi si allontana dal territorio partendo da un’idea pre-pandemica che è quella della sanità lombarda, basata più sulla dimensione ospedaliera.

Gli stessi indirizzi contenuti nel PNRR vanno verso il rafforzamento della sanità territoriale e, tuttavia, se creo una nuova struttura devo poi dotarla di personale. Le persone più deboli, più povere, hanno bisogno di più sanità pubblica e di interventi che stiano dentro un’idea solidaristica del nostro Paese, mentre la direzione intrapresa consentirà a chi è ricco di accedere anche privatamente agli interventi sanitari di cui ha bisogno.

Quali sono gli altri temi caldi del territorio sui quali il sindacato si aspetta interlocuzioni e risposte dalla politica cittadina? 

Torno al tema dell’evasione fiscale: il 90% del gettito Irpef, lo pagano le lavoratrici e i lavoratori mentre nel nostro Paese si evadono più di 100 miliardi di euro. Qualcosa di inaccettabile. Credo che attivare azioni di controllo e recupero sia un tema assolutamente urgente e che gli enti locali abbiano la possibilità di agire. Il Comune di Trieste, invece, su questo versante ha deposto l’ascia. 

C’è un secondo aspetto importante, quello dell’economia. A Trieste abbiamo un mercato del lavoro debole, con uno scarsissimo apporto dell’industria: una situazione che gli investimenti del PNRR possono contribuire ad aggredire. È un tema legato allo sviluppo del porto, i cui traffici vanno consolidati insieme al rafforzamento di una presenza industriale. Ci sono al riguardo temi fondamentali che andrebbero affrontati in sede Coselag che, oltre a Trieste, toccano anche i Comuni di Muggia e San Dorligo, con ricadute sull’intero territorio regionale. Per esempio, il tema storico del sito inquinato nazionale così come gli investimenti logistici per attrarre nuova manifattura tecnologicamente innovativa e compatibile dal punto di vista ambientale. Pensiamo che la Trieste Città della Scienza da sola non sia in grado di mettere assieme capacità innovativa con capacità di ricerca, ma che vada coinvolta nella discussione di una progettazione di idea di futuro della città attraverso veri processi partecipativi che rilancino una nuova manifattura in connessione con le attività del porto. 

Dal Porto al Porto Vecchio, c’è spazio a tuo parere per una visione diversa dalla privatizzazione immobiliare proposta dalla giunta Dipiazza, che includa anche la manifattura e la creazione di buona occupazione?

Parlare di Porto Vecchio significa parlare di un’idea della città, che va dagli aspetti urbanistici agli aspetti programmatori e alle destinazioni d’uso delle varie aree. L’idea della giunta, come nel Lego, sembra essere quella di mettere un mattoncino qui, uno là, aspettando  che prima o poi qualcosa venga fuori. Noi pensiamo che anche qui percorsi partecipativi in realtà servano a recuperare una dimensione più generale e crediamo anche che quell’area possa essere impiegata per produzioni innovative e non solo. 

In altre città italiane ed estere si attuano percorsi partecipativi di discussione sia con la cittadinanza che con gli stakeholders e questo aiuta a costruire un’idea più generale della città. Questo vale, per esempio, anche per il trasporto pubblico locale, uno dei temi prioritari rispetto agli investimenti del PNRR, che va ammodernato in modo che sia in grado di sfruttare le leve intermodali, migliorando le connessioni alla e nella città, in forme moderne e sostenibili. 

Chiudo dicendo che ci debba assolutamente essere una discussione politica in Consiglio Comunale, che provi ad affrontare anche da un punto di vista metodologico i percorsi progettuali della città, mettendo in atto percorsi partecipativi che prevedano la rappresentanza democratica di associazioni, sindacati e anche delle parti datoriali.

Un’ultima considerazione sulla dignità del lavoro, tema centrale dello sciopero generale, in questo caso quella dei lavoratori per servizi in appalto gestiti per conto del Comune, spesso ridotti in condizioni di precarietà salariale ed esistenziale inaccettabili.

Noi abbiamo presentato alla giunta comunale, ben prima della campagna elettorale, il protocollo appalti, ovvero un elemento di relazione che in maniera preventiva sia in grado di discutere rispetto agli elementi contrattuali delle lavoratrici e dei lavoratori nell’individuazione dei contratti più corretti e più giusti. 

Questo è un elemento su cui noi incalzeremo. Il sindaco si era detto d’accordo, ma adesso non so se lo sia ancora. Credo che il  Consiglio comunale debba discuterne in una logica di innovazione della pubblica amministrazione.