Martedì 10 settembre si è svolto l’incontro pubblico organizzato da Adesso Trieste per illustrare i dati raccolti nel corso della campagna estiva dedicata a Porto Vecchio.

Ci siamo riuniti in Largo Città di Santos, sulla soglia del Porto Vecchio e sul sedime dell’abbattimento dell’ex Tripcovich, simbolo di una Giunta molto più brava a distruggere che a costruire. Lo abbiamo fatto pubblicamente, perché tale dev’essere il dibattito su un’opera decisiva per il futuro della città, in un momento in cui le grandi opportunità rischiano di trasformarsi in occasioni perse. A fronte del sostanziale silenzio della Giunta per molti mesi, il Gruppo di lavoro su Porto Vecchio di Adesso Trieste ha coinvolto esperti, operatori di vari settori economici e la cittadinanza attraverso un questionario compilato in poco più di due mesi da più di 1.800 persone. Siamo orgogliosi di un lavoro che abbiamo svolto nell’interesse della città e di un suo futuro più giusto.

Destinazioni d’uso
Nonostante sia stata nei fatti cancellata dal dibattito pubblico e dall’orizzonte delle decisioni politiche, la destinazione d’uso produttiva viene considerata come più rilevante di quella turistico-ricettiva per l’area di Porto Vecchio. Sarebbe una scelta in linea con la vocazione e la storia del sito, ma anche con l’esigenza di Trieste di attrarre posti di lavoro di qualità. La contrarietà alle funzioni residenziali deriva invece da un’altra considerazione: in una città che ha perso 70.000 abitanti in mezzo secolo e nella quale nonostante i tantissimi appartamenti vuoti è sempre più difficile trovare casa in affitto, costruire nuove residenze di lusso non è certo la soluzione, anzi alimenta ancora di più la bolla della speculazione immobiliare.

Modalità di gestione
La bocciatura nei confronti della Giunta è evidente. Le due opzioni prese in considerazione da Dipiazza e Bertoli, ovvero prima lo “spezzatino” e in seguito la vendita a un unico operatore privato, conquistano solo il 3% e l’1% dei consensi. Siamo convinti che per Porto Vecchio servano anche capitali e idee dei privati, ma vanno gestiti nel quadro di un progetto e un governo pubblico dell’area, che oggi non esiste e viene sostituito dall’alto dalla proposta Costim. Il project cancellerebbe del tutto l’utilità del Consorzio Ursus, una vera e propria scatola tenuta volutamente vuota dal Comune.

Il project financing
La Giunta deve ancora spiegarci come sia possibile utilizzare il project financing, uno strumento finanziario creato per realizzare opere pubbliche, per un progetto che prevede di costruire in stragrande maggioranza – per superfici, volumi, numero di magazzini, quantità di soldi investiti – strutture private che saranno immesse sul mercato. Si pone un problema di legittimità sia giuridica che politica dell’operazione, al di là del merito del progetto che ancora non conosciamo.

La residenza
Dipiazza dice una bugia quando afferma che l’attuale Piano Regolatore prevede un massimo di 10% di residenza nell’area. Le previsioni sono di un massimo di 70% dei volumi nel complesso delle aree B0, percentuale che in realtà sale per i magazzini oggetto dell’operazione Costim, visto che gli edifici ceduti alla Regione non contribuiranno al carico insediativo. Le norme urbanistiche aprono a una vera e propria lottizzazione senza connessioni con le reali esigenze della città e con le potenzialità dell’antico scalo.

Il volume di investimenti
Costim prevede di investire 2.900 €/mq nei 19 magazzini che il Comune vuole alienare, contro i 4.800 €/mq previsti dalla Regione per i propri edifici. O i futuri uffici della Regione saranno extralusso, oppure i conti dell’investimento privato sul resto dell’area non tornano. Non possiamo confermarlo non avendo ancora avuto accesso al progetto, ma l’ipotesi è che Costim intenda ristrutturare al grezzo gli edifici per poi rivenderli, producendo nei fatti uno “spezzatino” per interposta azienda. Saremmo tornati alla casella di partenza del gioco dell’oca di Dipiazza su Porto Vecchio, con la differenza che a dare le carte sarebbe a quel punto il privato e non il pubblico. Non si capisce se il motivo per cui il Comune intende cedere, chiavi in mano, il governo dell’area a un soggetto privato derivi dall’incapacità dell’attuale Giunta a gestire un’operazione del genere, o se ci sono altri interessi di cui la città è tenuta all’oscuro.

 

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