Venerdì 1° luglio in Piazza Puecher a Trieste più di settanta attiviste/i e rappresentanti istituzionali provenienti da tutta la Regione si sono incontrate/i per mettere in comune esperienze, proposte e progetti patrimonio delle rispettive realtà civiche e municipaliste. Il confronto si è articolato su cinque temi (ambiente, energia e mobilità; economie locali e lavoro; salute e sicurezza sociale; genere e generazioni; culture oltre i confini). Di seguito i report della discussione. 

Il tavolo di lavoro intitolato “Ambiente, energia e mobilità” ha visto presenti alcuni rappresentanti di realtà, alcune nuovissime e altre più consolidate, provenienti da diversi Comuni del Friuli Venezia Giulia. Tutti hanno condiviso l’aspetto strategico e fondamentale di investire in sostenibilità e ambiente.

I principali temi toccati sono stati la ciclabilità (biciplan e reti ciclabili) e il trasporto pubblico locale, le alberature e il recupero di spazi verdi per la cittadinanza, si chiede fortemente uno stop al consumo di suolo mentre si pensa ad una conversione a fonti energetiche rinnovabili, specialmente solare, a partire dagli edifici pubblici.

Alcuni comuni, come quello di Turriaco, sono riusciti in maniera eccellente a implementare le vie ciclabili e a promuoverle anche attraverso la realizzazione di  eventi culturali e di aggregazione. 

Alcune riflessioni hanno riguardato tematiche che si estendono anche oltre i confini comunali come l’agricoltura e la gestione dell’acqua. È emerso infatti un desiderio comune per un’economia agricola più sostenibile in termini di utilizzo di risorse idriche e di suolo, una filiera corta e un diverso stile di vita. 

Un altro punto cardine è quello dell’educazione: si punta, e si punterà, alla sensibilizzazione sui temi ambientali soprattutto intercettando la cittadinanza attiva e le nuove generazioni.

La Regione, ad oggi, sembra in alcuni casi osteggiare questo tipo di azioni anziché supportarle. Emerge quindi con forza il desiderio di un radicale cambio di mentalità e politica.

Conclusa la sessione di lavoro del tavolo economia sono stati individuati alcuni cluster tematici che hanno caratterizzato la discussione:

Pianificazione, strategia e visione. La Regione dovrebbe dotarsi di un piano industriale che tenga conto delle diverse “bolle” industriali del territorio regionale secondo una visione sistemica. La dimensione fortemente locale dell’impresa regionale deve essere accompagnata da un processo di internazionalizzazione fondato su scambi commerciali, condivisione di know-how, relazioni fra operatori che operano in contesti differenti. 

Il ruolo del pubblico dev’essere centrale nella costruzione di una visione e, conseguentemente, di una strategia di lungo periodo. È altresì prioritario rafforzare la contrattazione del pubblico con la grande impresa: la tutela del lavoro e la sua organizzazione, la sicurezza degli ambienti di lavoro e gli impatti ambientali devono essere alla base dell’intervento pubblico in questo ambito. In tutti questi ambiti, lo status autonomo della Regione può essere uno strumento strategico per spingere su strade innovative e più “radicali” di quelle nazionali.

Innovazione, ricerca e formazione. Le reti fra ricerca e impresa/industria, ma anche – e soprattutto – fra ricerca e governance pubblica devono essere sempre più fitte. Ad intensificare i collegamenti fra questi tre sistemi c’è la partecipazione, il coinvolgimento dei cittadini e delle cittadine a cui bisogna riferirsi per intraprendere determinati percorsi. In tal senso la partecipazione significa per esempio conoscere e monitorare il proprio territorio per sapere come questo si muove, ascoltarne le istanze proponendo un ragionamento collettivo. 

Formazione e lavoro. Investire per ridurre il cosiddetto mismatch fra le conoscenze e le competenze acquisite nei percorsi di formazione e quelle richieste dal mercato del lavoro. 

Filiere produttive regionali. Riconoscere e potenziare le filiere produttive del territorio coinvolgendo la piccola impresa, valorizzare l’area montana e l’attività economica che la caratterizza, introdurre azioni volte ad accorciare la catena del valore e valorizzare l’esperienza dei distretti industriali in ottica di economia circolare e simbiosi industriale. La logistica, sempre più intesa come approccio all’organizzazione d’impresa e meno come comparto aziendale, dev’essere fra i temi di maggiore interesse del pubblico specie in materia di lavoro: l’efficienza non può essere perseguita rendendo sempre più precario il lavoro.

Responsabilità sociale e ambientale. In questo ambito si è discusso di processi di revisione in materia di appalti e di introduzione della clausola valutativa ambientale.

Turismo sostenibile. La Regione, seguendo esempi di buone pratiche come l’Ajuntament de Barcelona, dovrebbe redigere e promuovere un piano strategico del turismo che sia sostenibile nel lungo periodo. Ciò significa evitare scelte costose da un punto di vista ambientale, economico e sociale che, apparentemente, sembrano vincenti in termini di introiti nel brevissimo periodo. 

Open Data. Al fine di conoscere in modo approfondito il proprio territorio e di monitorare, ad esempio, i finanziamenti erogati agli enti privati operanti in Regione, è necessario che i dati di origine pubblica vengano gestiti in modo trasparente, rispettino il criterio di accuratezza e, soprattutto, siano accessibili.

Il tavolo dedicato a “Salute e sicurezza sociale” ha coinvolto persone provenienti da tutta la regione: in particolare, tra gli altri, rappresentanti formali di esperienze importanti di sinistra a Monfalcone e a livello regionale appunto. Oltre a loro, però, importante segnalare che il gruppo era per la stragrande maggioranza composto da persone con esperienza personale o lavorativa nel settore della salute e dell’assistenza. Questo forse a segnare la complessità tecnica e operativa del pensare politiche in questi settori, ma anche ricordando che, sul piano regionale, la questione del sistema di salute è il campo in assoluto più importante di impegno economico delle istituzioni. 

A partire dalla discussione, si possono riassumere alcuni elementi determinanti e definire alcuni piani possibili di sviluppo in rete:

 

Elementi di analisi

  • socio-sanitario. in primo luogo nella discussione si è sottolineato continuamente il mescolarsi delle dinamiche sociali e sanitarie e, dunque, l’importanza di un modello di salute e sicurezza sociale che non scinda, ma anzi rinforzi, questa sincronia e sinergia – strategia oggi fortemente a rischio;
  • territorio e persone. la specificità triestina – e l’interesse di portarla fuori da Trieste nel resto della Regione sempre di più – nasce proprio dalla strategia intenzionale portata avanti negli ultimi lustri di pensare la salute attorno alle persone e dunque nei contesti di vita: modelli di salute di prossimità con le persone e nel territorio;
  • terzo settore e pubblico. questa dimensione di complessità sostanziale (socio-sanitario) e contestuale (territorio-persone) si può articolare solo attraverso una strategia comune di rete che metta le risorse pubbliche a frutto in circuiti di valorizzazione sociale: per difendere e sostenere la salute come bene complesso e comune, di prossimità e quotidiano;
  • PNRR e politiche pubbliche. strategia complessa, difficile da definire e da spiegare, ma necessaria oggi per riaffermare le politiche pubbliche come risorsa per difendere la società e non come esercizio di interesse privato, soprattutto nel campo di disegno istituzionale aperto dal PNRR;
  • rischio contingente. il rischio contingente di uno smantellamento in ragione dell’interesse privato è quello di una grandissima precarizzazione della vita, e anche di una conseguente disaffezione politica, dei settori più fragili delle nostre città, nostri interlocutori naturali per una azione politica dal basso e da sinistra per dirla con gli zapatisti.

 

A partire da questi elementi di analisi, qui succintamente riassunti, alcune strategie di azione comune venivano accennate:

 

  • centralità strategica. si riconosceva la centralità strategica della “cura” – delle persone, dei contesti di vita, del pianeta – come questione politica per “avere una direzione e un senso” in un momento di grande confusione. Cura non solo “di” ma anche “con”: cura con le persone, cura nelle città, cura per il pianeta;
  • comunicazione politica. questa centralità strategica della cura nel nostro contesto ha radici profonde: sono i valori di una esperienza unica al mondo come quella basagliana che ha da sempre proposto la salute e la cura come articolazione politica e la comunicazione come strategia fondamentale per trasformare il reale;
  • conoscenza e consapevolezza (formazione). infine nella tensione tra centralità strategica e comunicazione necessaria sta la grande difficoltà di questo tema: da una parte fondamentale su molti piani, dall’altra di una complessità tale che ancor prima di comunicare si rende necessario studiare e comprenderne a fondo i meccanismi per poterci proporre come soggetto di animazione politica su queste tematiche.

Il tavolo dedicato a “Cultura e Confini” ha prodotto numerosi spunti che hanno permesso di circoscrivere alcune tematiche legate ai due termini che hanno dato il titolo al tavolo. Grazie alla presenza di diverse persone dalla città e dal territorio di Gorizia, sono stati portati alcuni esempi di situazioni che sono state concretizzate in quelle zone in cui il “confine” è stato e in alcune forme è ancora una forza che riesce a plasmare la “cultura”; a tale proposito sono state ricordate alcune iniziative (come ad esempio “Non più muri” del 2019) in cui proprio la linea del confine tra Italia e Slovenia in piazza Transalpina è diventata un luogo in cui far incontrare cittadine e cittadini che condividono culture, storie e territori. Proprio da questo esempio si è quindi allargato l’orizzonte all’intera Regione Friuli Venezia Giulia, a come in questi tempi che presentano difficoltà note e particolari i vari confini che determinano il perimetro della Regione rischiano di tornare ad avere una accezione più novecentesca, e quindi legata al passato, che non del nuovo millennio e proiettata al futuro. In questa analisi sono stati citati i primi giorni del COVID del 2020 quando le varie linee di confine si sono rimaterializzate concretamente lungo le strade da e verso Slovenia ed Austria con sbarramenti e controlli, a segnare una cesura netta con quello che si poteva sperare essere un processo oramai irreversibile di superamento del concetto di barriera fisica. In scia a questo ragionamento sono stati poi considerati anche gli “altri confini” della Regione, a occidente verso il Veneto (è stata analizzata la questione delle autonomie regionali), a sud con il mare Adriatico (sono state prese in considerazione le potenzialità di un braccio di mare che dal Mediterraneo si inserisce nel cuore del continente europeo) e, non secondari, i confini che ancora dividono il territorio al proprio interno (sono stati citati i vari campanilismi e le varie anime che compongono il Friuli, il Litorale, la c.d. Venezia Giulia, e i vari territori afferenti ai capoluoghi).

Tutti questi aspetti hanno stimolato il confronto su diverse questioni: l’accessibilità e la condivisione di esperienze in ambito culturale tra cittadine/cittadini di lingue e provenienze diverse, la replicabilità in più contesti e territori dei progetti effettivamente concretizzati, l’importanza delle istituzioni europee e dei progetti INTERREG, la didattica e gli aspetti legati alla formazione nel contesto della cultura del lavoro, la realizzazione dei progetti culturali in funzione contraria ai nazionalismi che oggi sono ancora molto forti, il rispetto delle varie memorie che possono essere collettive e condivise. Questo ultimo aspetto ha fornito lo spunto per una riflessione legata alle estremamente diffuse “memorie militari” che caratterizzano ad esempio i toponimi nella nostra Regione, fortemente legati ad una serie di questioni e interessi che negli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale hanno plasmato anche la percezione dei luoghi in cui vivevano e vivono le comunità regionali. Da un lato è stato citato come esempio particolarmente concreto il nome della cittadina di Ronchi “dei Legionari” e le iniziative portate avanti affinché il suffisso possa essere cancellato; dall’altro invece è stato citato un evento realizzato ad Udine a ricordo della c.d. “Tregua di Natale” del 1914 durante il quale è stata replicata la famosa partita di calcio tra soldati tedeschi e britannici, a simboleggiare come debbano essere portati in primo piano determinati aspetti ed avvenimenti “grande guerra” a scapito della retorica strumentale novecentesca che invece spesso viene riproposta (come si è potuto constatare nel corso degli eventi organizzati in occasione del centenario della manifestazione legata al Milite Ignoto).

In chiusura dell’incontro la discussione ha poi preso in considerazione il ruolo della Regione Friuli Venezia Giulia in tutti questi processi qui sommariamente riassunti: è stato sottolineato come il progetto di una Euroregione sia sempre rimasto solamente teorico e non sia mai diventato un qualcosa di concreto nell’area dell’alto Adriatico; è stato sottolineato anche che, pur essendo spesso etichettata come una Regione “al centro” (degli assi viari, degli incroci culturali, delle linee commerciali, dell’Europa in genere), il Friuli Venezia Giulia continui in realtà a rimanere un territorio “di periferia” (nei collegamenti, nella logistica – con l’importante distinguo dell’inerzia positiva del Porto di Trieste e del suo ritrovato sviluppo – nel regresso demografico, nello sviluppo economico, nella capacità di intercettare ed usare correttamente finanziamenti europei). In chiusura, in concomitanza con un ragionamento legato alla possibilità della creazione di un potenziale “assessorato regionale all’Europa”, è stato amaramente constatato che probabilmente il problema risiede più a monte, nella struttura stessa della Regione e nella sua spesso manifesta incapacità di valorizzare il suo ruolo di Ente con una propria autonomia, e di materializzare una moderna capacità  amministrativa e legislativa appunto tra “Culture e Confini”.

Per creare comunità realmente inclusive è necessario che l’ottica di genere sia presente in ogni decisione che viene presa in ambito politico e che l’attenzione alle differenze sia trasversale e non relegata, ad esempio, ad un solo assessorato. A tale scopo strumento imprescindibile è il bilancio di genere (partecipato), che necessita di tempo, fondi, professionalità e accessibilità ai dati (disaggregati).

 

Lavoro delle Donne

Ricerche recentissime dimostrano che a livello occupazionale la pandemia, anche nella nostra regione, ha colpito principalmente le donne. E’ quindi necessario sostenere il lavoro femminile, in tutte le sue forme, ampliando l’offerta dei servizi e ripensando il trasporto pubblico locale.

 

Educazione

Riteniamo che sia urgente contrastare la povertà educativa che interessa molte ragazze e molti ragazzi che vivono situazioni di difficoltà. E’ necessario potenziare l’offerta educativa pomeridiana, soprattutto per la fascia 11-15 anni, e creare spazi da loro utilizzabili liberamente, ma in sicurezza (ad esempio ludoteche/mediateche). E’ inoltre importante favorire la partecipazione di bambine/i e ragazze/i alle decisioni politiche, attraverso strumenti come i Consigli comunali dei ragazzi e delle ragazze, il Parlamento europeo dei e delle giovani e la progettazione partecipata.

Crediamo inoltre che vada incentivata, nelle scuole, l’educazione all’affettività e alla sessualità.

 

Genitorialità 

Va anche supportata la genitorialità, potenziando i consultori e le politiche per la famiglia. Particolare attenzione va dedicata a progetti dedicati alla formazione delle madri ai margini (ad esempio migranti) perché possano favorire un effetto a catena anche per la formazione delle figlie e dei figli. Il supporto alla genitorialità al primo figlio va sostenuta con programmi/politiche adeguati per evitare separazioni che nascono spesso da un disequilibrio tra i generi. Queste separazioni spesso ricadono sulle donne in misura di fatica nel tenere in equilibrio vita affettiva e lavorativa. E’ necessaria una maggiore preparazione dei padri nella gestione dei figli. 

 

Cultura

Crediamo sia necessario lavorare sul piano culturale contro gli stereotipi e gli aspetti più negativi della cultura patriarcale, coinvolgendo in questo anche gli uomini.

Il lavoro a favore della toponomastica femminile e la valorizzazione della storia delle donne vanno in questa direzione.

 

Accoglienza

E’ inoltre da sostenere il lavoro dei centri antiviolenza e delle comunità alloggio per vittime di violenza, ma anche appoggiare le strutture che combattono altre forme di discriminazione e lavorano per creare comunità più accoglienti.