di Giorgia Kakovic

Trieste, per chi la conosce e la vive, ha una storia complicata. Anzi, una Storia, quella con la S maiuscola, composta, a sua volta, da migliaia di storie personali e familiari singole. Storie di vite che si intrecciano, molte volte si scontrano, ma che, nel bene e nel male, convivono in un territorio caratterizzato dal suo essere confine. Questo confine, come tutto quello della Venezia Giulia in senso ampio, è stato definito o menzionato più volte come un laboratorio del ‘900. Un territorio in cui, nell’arco di pochissimo tempo rispetto all’economia del tempo che scorre, è successo di tutto. La caduta dei grandi imperi secolari che sembrano non morire mai, migrazioni forzate, persecuzioni etniche che si saldano con quelle sociali e politiche, il fascismo più duro, le occupazioni militari, il tentativo di cancellazione di parti intere delle popolazioni che abitano queste terre, le snazionalizzazioni.

Trieste, per chi la conosce, vive di acque carsiche, che compaiono e scompaiono. Quelle che caratterizzano il nostro Altipiano, sicuramente. Ma anche quelle un po’ meno palesi, che caratterizzano il nostro vivere come comunità, fatte di tanti sentimenti condivisi e divisivi e di alcune memorie appannate dal tempo, talora deformate e manipolate, che, in maniera ciclica, appunto, compaiono e scompaiono.

Trieste, per chi la vive e la conosce, non ha mai fatto completamente i conti con tante cose che il ‘900 l’ha costretta ad affrontare. Nonostante gli sforzi di molti e molte storici e storiche illustri di cercare di mettere in ordine e in prospettiva tutti questi eventi, la politica, in questo caso quella con la p minuscola, ha più volte aizzato gli animi, piuttosto di cercare di andare verso una riconciliazione. La politica, sempre quella con la p minuscola ha, molte volte, messo in questa città sullo stesso piano persone che si occupano di Storia da decenni e mistificatori d’arte, pifferai magici che utilizzano la formula dell’odio secolare, perché più semplice. La politica con la p minuscola ha usato le figure di donne brutalizzate e ammazzate durante un conflitto mondiale come cavalli di Troia nel discorso pubblico per promuovere un discorso nazionalista. La politica con la p minuscola, nelle stesse celebrazioni a lei cara, si faceva selfie di comodo con leader politici nazionali, che allo stesso tempo propagavano fake news e balle (a)storiche per far piglio sullo stomaco delle persone. La politica con la p minuscola ha usato più e più volte in maniera strumentale e propagandistica le vicende accadute a Trieste, cercando di imporre una narrazione unilaterale e autoassolutoria, dimenticandosi della concatenazione di vicende tragiche e di quel repentino trasformarsi dei carnefici in vittime, e viceversa, che risulta incomprensibile senza guardare alla storia della Venezia Giulia nel suo complesso.

Trieste, per chi la vive e la conosce, meriterebbe un po’ di pace. La Politica, questa sì, con la P maiuscola, avrebbe il compito di mediare tutte le Memorie svincolando l’auto-narrazione della città da un eterno ritorno, cancellando l’ossessione per quello che è con tutta evidenza un ossimoro, ovvero la “memoria condivisa”. Questo non vuol dire chiudere i libri di Storia e bruciarli in pubblica piazza. Questo vuol dire, parafrasando uno storico, recuperare le memorie di questa città con l’intento di avere una migliore conoscenza del passato per migliorare il nostro presente e, quindi, il nostro futuro.

Trieste, per chi la vive e la conosce, merita, anche, questo.