Zeno D’Agostino
Incontro sul Museo del Mare
25 maggio 2022

Alla domanda che mi è stata posta rispondo in modo semplice: l’Autorità di Sistema portuale non è stata sinora coinvolta nel processo di realizzazione del nuovo Museo del Mare. Ma poiché cerco sempre anche le mie colpe, non solo quelle degli altri, ritengo che il mancato coinvolgimento possa essere dipeso pure da noi. Detto questo, siamo pronti a garantire un nostro punto di vista. Proverò a mettere a fuoco un primo scheletro di contributo, articolato sommariamente per punti.

In via preliminare vorrei porre un aspetto di metodo. Osservo che è avvenuta una serie di presentazioni della scatola architettonica, però senza alcuna autentica, approfondita riflessione sul progetto museografico. Che cosa vogliamo esporre in quel museo? Quale racconto vuole proporre il museo? Quali tecnologie e metodologie “didattiche” andranno applicate? Insomma: qual è il progetto del museo e non del mero contenitore?

Tale atteggiamento deviato fa parte – purtroppo – della cultura di questo tempo. L’esempio più forte e semplice è il famoso ponte Morandi. Il cosiddetto “modello Genova”, in sostanza con il vantaggio di evitare le gare, ha traguardato essenzialmente il tema di comprimere al massimo i tempi di costruzione. Salvo arrivare alla vigilia dell’inaugurazione e guardarsi intorno per capire chi doveva da lì in avanti gestire il ponte. Non so se vi ricordate quel momento di stasi che, secondo me, era sintomatico e un po’ grottesco. Ecco, nella parabola del nuovo ponte di Genova sta il rischio di ogni grande e ambiziosa opera pubblica: non ragionare per tempo sul suo senso e sul suo modello di gestione, una volta conclusi i cantieri.

La parola chiave del secondo punto è addirittura ovvia: cultura. Per essere competitivi occorre saper governare anche l’aspetto culturale. E la questione della cultura a Trieste è intimamente connessa alla sua storia peculiare. Una storia in cui della cultura si sono fatti carico i maggiori imprenditori e commercianti dell’Ottocento. La classe imprenditoriale ha manifestato una sensibilità artistica e una capacità di investire in cultura che hanno reso Trieste la splendida città che abitiamo. I commerci e la navigazione sono i fondamenti della nostra storia e, pertanto, il nuovo museo del mare dovrebbe rispecchiare tale straordinario aspetto di Trieste. Dovrebbe divenire un museo di assoluta importanza per capire la città. Ieri come oggi è fondamentale ci sia un buon governo della cultura.

Il terzo tema chiama in causa il porto vecchio e le premesse da cui può partite il nuovo museo del mare. Museo che, in parte, sono convinto deve trovare il modo di esprimere anche una chiave dichiaratamente popolare. Se da una parte c’è naturalmente bisogno di una progettazione accurata di ogni intervento e di un masterplan generale, che dia una chiara cornice complessiva e un indirizzo di fondo, non di meno occorre coinvolgere associazioni, comunità, collezionisti. Bisogna fare in modo che possano esprimersi, muoversi, prestare il proprio contributo. Alla classe dirigente non viene tolta affatto la propria responsabilità. Ma la storia ci insegna che spesso le dinamiche più interessanti, soprattutto nella storia contemporanea, arrivano dal basso.

Pensare che in quel luogo, così iconico e strategico per lo sviluppo della città, non ci sia questa possibilità, sarebbe un errore e un limite nella concezione del Museo del Mare. Questa città ha molto da esprimere “dal basso”, sapendo ascoltare collezionisti, appassionati, interessati che sono pronti a dare idee, a mettere a disposizione archivi e collezioni. Quanto a noi, che finora non siamo stati coinvolti, ci renderemo esplicitamente disponibili. Ma è non di meno importante che siano chiamati anche i tanti portatori di punti di vista e di competenze sparsi in città.

L’ultimo punto su cui vorrei soffermarmi consiste nel fatto che il Museo, dal mio punto di vista, non dovrebbe limitarsi solo a far vedere il passato. Il nuovo Museo del Mare – e qui può essere utile il coinvolgimento dell’Autorità di sistema portuale – deve far vedere fenomeni e iniziative del presente e magari prefigurare aspetti del futuro possibile. In questi anni di pandemia, uno dei problemi più importanti, per la collettività e per la vita delle singole persone, ha riguardato l’assenza o rarefazione di momenti veri di incontro e di scambio. Magari sono rimasti comunque attivi vari mezzi di formazione e informazione, ma inadeguati a un’autentica condivisione sociale. E abbiamo sperimentato quanto siano importanti momenti in cui chi sta pianificando aspetti di interesse generale – per esempio tutto ciò che è collegato al mare – possa presentare i propri programmi in ambienti vocati alla discussione pubblica, in cui esercitare la dimensione della cittadinanza. Ambienti come può essere appunto auspicabilmente un Museo del Mare, che sia la casa di chi ha a cuore la città, la sua storia, il suo futuro.

 

➡️ Leggi l’intero report