Laura Carlini Fanfogna
Incontro sul Museo del Mare
25 maggio 2022

Sono felice per questa opportunità di incontro pubblico perché effettivamente noi – e per noi intendo i dipendenti e in particolare il personale scientifico del Servizio Musei del Comune di Trieste coadiuvati dalla Fondazione Micheletti – abbiamo lavorato per un anno e mezzo sullo sviluppo di questo progetto, in cui abbiamo avuto varie sedute di brainstorming e di confronto con il panel internazionale di museologi della Fondazione Micheletti.

Tra i vari lavori che sono stati realizzati e che però risultano invisibili al pubblico, c’è stata tutta la revisione degli inventari, dei materiali, dei repertori fotografici, dei due musei con le rispettive biblioteche (queste ultime sono state inserite nell’Sistema Bibliotecario Nazionale), in modo da avere un quadro chiaro del patrimonio attuale in possesso del Comune di Trieste, patrimonio che può essere anche – e la speranza è proprio quella – incrementato attraverso donazioni, comodati, accordi vari, con quanti desiderano valorizzare ulteriormente questo patrimonio.

Vi dico molto sinteticamente quelle che sono state le nostre linee guide, le idee in base alle quali abbiamo sviluppato questo progetto che, come forse non tutti sanno, riunisce i due musei, cioè il Museo del mare (quello che un tempo era a Campo Marzio) e il Museo di Storia Naturale, attualmente al polo di via Cumano. L’obiettivo era creare un museo di ultima generazione, un museo nuovo, che ha come finalità la presentazione della storia, della vita di Trieste e della sua relazione con il mare e il territorio.

Si propone una narrazione a 360 gradi composta da oggetti, testi, immagini, suoni, attraverso tutta la strumentazione attualmente disponibile a chi lavora nell’ambito dei musei per illustrare la città di Trieste facendo riferimento a: storia, economia, società, scienza e tecnica. In altri termini, di dare conto della rilevanza del mare per Trieste e il suo territorio dal passato remoto al presente.

Qual è la sfida da vincere? Poter integrare questi due musei, del Mare e di Storia Naturale, mantenendo però la loro individualità perché non si vuole di certo annientare quella che è stata la loro storia, la loro tradizione, la loro identità. Al tempo stesso i due musei hanno dei punti di contatto molto forte, dei punti di integrazione, insieme raccontano molto meglio, con maggior compiutezza e maggior incisività quello che è il rapporto di Trieste con il mare, sopra e sotto il mare.

È stata anche fatta una riflessione sull’esigenza di rimarcare la natura “glocal” del nuovo museo e cioè di dare la giusta rilevanza alla tradizione di eccellenza della marineria, della cantieristica, della ricerca triestina, non riscontrabile altrove, (identità locale) che si è sempre tradotta in un forte impatto a livello internazionale (global).

L’approccio è stato anche quello di usare le parole d’ordine che definiscono i musei contemporanei: accessibilità ed engagement. Per engagement si intende il coinvolgimento, la partecipazione e la fidelizzazione della città. Si vogliono grandi spazi liberamente accessibili che diventino un luogo di incontro e di scambio. Si è pensato di collocare questo spazio in due aree, nella torre centrale e in quella laterale lato sud. Tutte queste idee noi le abbiamo comunicate e condivise con l’architetto Consuegra fin da subito, lui le ha recepite, fatte proprie, e le ha tradotte nel suo disegno architettonico, perché giustamente gli architetti si aspettano di ricevere dal committente informazioni, idee e richieste circostanziate, visto che debbono rispondere alle esigenze della committenza da un lato e al contempo non possono conoscere né il patrimonio, né la storia della città in profondità.

La torre centrale ad accesso libero comprende tutti i livelli della struttura collegati con gli ascensori panoramici e include la hall di ingresso, il bookshop, la biblioteca e la caffetteria all’ultimo piano.

La torre sud invece è il luogo in cui il coinvolgimento del pubblico è incoraggiato nelle attività scientifiche e di ricerca con aree dedicate a laboratori, sale conferenza, sale riunioni e aule didattiche. Entrambe le aree devono poter essere accessibili anche quando le sale espositive sono chiuse e allarmate, sia per consentire una gestione ottimale di caffetteria, bookshop e sala conferenze (rendendole economicamente sostenibili) sia per conciliare i tempi di vita della cittadinanza (ad esempio, conferenze in orario serale).

L’impostazione museologica del progetto prevede che debba essere un museo esperienziale ed emozionale visitabile in base alle proprie preferenze. Quindi che si possa seguire il percorso dalla A alla Z, come noi lo abbiamo scritto, oppure viceversa dalla fine all’inizio, oppure per singolo tema. Quindi, ciascuno può fruire del museo come preferisce, laddove però ciascuna sezione mantiene un proprio significato compiuto e al contempo ciascuna sala deve contribuire a dare significato all’intero percorso.

Come è stato sottolineato più volte, abbiamo un forte vantaggio competitivo che è la convergenza tra il contenitore e il contenuto: il magazzino 26 è un monumento di archeologia industriale portuale “museo di sé stesso” e al contempo rafforza il significato della collezione e viceversa.

Vi faccio un esempio sulla biblioteca: le due biblioteche insieme, storia naturale e mare, assommano a quasi 50.000 volumi, sono una delle più importanti biblioteche specializzate in assoluto, in più ci sono tantissime riviste dedicate al mare, alle scienze, eccetera. Che cosa ci suggerisce questa ricchezza? Ci dice che il museo è un luogo di ricerca scientifica, sempre praticata fin dagli albori, fin dalla spedizione della fregata Novara che fa giungere a Trieste i primi reperti.

A me in particolare piaceva moltissimo l’idea – tanto che l’ho proposta a Consuegra che l’ha fatta propria – di collocare la biblioteca in cima alla torre, così da farla notare appena giunti al terzo piano, dove inizia il percorso museale. È situata sotto il piano del bar e dalla biblioteca si accede alla terrazza.

L’idea è che il visitatore del museo veda sugli scaffali il frutto del lavoro di ricerca scientifica del museo e comprenda che l’esposizione museale deriva da tale attività, ma veda anche le riviste di viaggi, di botanica, di sport ed altro, tali da farlo sentire accolto e immerso in un clima di piacevole svago.

Ci attraeva l’idea di invogliare ad andare sulla terrazza, punto panoramico sulla città, il golfo e il Carso perché i visitatori amano fruire dei punti panoramici che rappresentano sempre un grande richiamo.

Ci convinceva il pensiero che le persone potessero decidere di venire anche solo per mezz’ora in questo spazio aperto al pubblico senza biglietto, per leggersi un libro, anche solo per guardare il panorama e bere una bibita, in maniera da favorire l’abitudine di venire al museo, vista come un piacere, una scelta consuetudinaria, dove si incontrano gli amici ma al tempo stesso si hanno tutte le opportunità per entrare in contatto con la cultura o approfondire la proprie inclinazioni culturali e contribuire alla crescita della comunità.

Non dimentichiamo, inoltre che gli studi sui comportamenti dei visitatori confermano la preferenza del pubblico per i luoghi che vantano una visione panoramica. Pertanto, era essenziale, prima di farli entrare nelle gallerie espositive del museo, che dalla terrazza vedessero la città, in maniera da assimilare le caratteristiche del luogo e cogliere visivamente lo spazio circostante il museo, il contesto urbano, il golfo, il mare, la lanterna, il Faro della Vittoria, piuttosto che le rive, lo stesso porto vecchio, in modo da renderli più consapevoli dei contenuti presenti all’interno, per farli meglio ambientare prima di immergerli nelle collezioni.

Il lavoro che abbiamo fatto è stato di creare percorsi tematici, confinando l’approccio tassonomico ai depositi. Adesso diventa troppo lungo specificare ogni singola sezione, ma tutti i punti salienti delle vicende triestine sono illustrati, la storia del porto, dagli albori mitologici di Giasone alla istituzione del porto franco, dallo sviluppo ottocentesco delle compagnie di navigazione e dei cantieri all’attuale logistica e tanto altro. Ogni sezione è caratterizzata da un oggetto simbolico, iconico, totemico che, come dire, concentra in un oggetto unico l’essenza di quella sezione.

In più abbiamo alternato sezioni che hanno connotati più scientifici che prevedono di prestare una maggiore attenzione ai contenuti, ad altre invece più leggere, più semplici che consentano di riposare, per concentrarsi poi nuovamente.

Un esempio: ho intitolato una sezione “Tutti al mare” perché? Tra le sezioni ampie e documentate dedicate ad Andare per mare (le rotte), e all’economia del mare, con focus sui cantieri e compagnie di navigazione, la sezione “Tutti al mare” è rappresentativa della vita dei triestini al mare nel tempo libero, quel che si chiama il museo dell’oggi. Perché i triestini adorano andare al mare, ed era impossibile non illustrare la storia degli stabilimenti balneari, grazie all’immenso patrimonio fotografico della nostra fototeca, dagli antichi stabilimenti, al Pedocin, ai Topolini. Raccontare la passione dei triestini per il mare, significa esporre i materiali degli sport del mare, la vela, le regate piuttosto che la voga, le remiere, ecc. La Barcolana rappresenta benissimo lo spirito marinaro sportivo di Trieste.

Per ravvivare queste sezioni è previsto di ricorrere soprattutto al multimediale, di cui al museo si propone un uso ben ponderato perché i multimediali sono essenziali per visualizzare taluni argomenti, ma hanno un unico inconveniente: hanno un’obsolescenza molto veloce e richiedono una manutenzione permanente molto costosa, perché non c’è nulla di peggio del multimediale che non funziona.

Non manca naturalmente l’attenzione riservata a tutti i grandi personaggi: abbiamo fatto sì che ci fossero dei focus su personaggi come Ressel, come Marconi che hanno significato moltissimo per la marineria e per la nostra città e cambiato definitivamente la storia dei trasporti e delle comunicazioni via mare.

Analogamente abbiamo lavorato tenendo presente quelle che erano le caratteristiche degli spazi e le caratteristiche delle collezioni, distribuendo i reperti in sequenza logica ma anche badando alle connotazioni delle sale. Alcuni reperti di grandi dimensioni e molto spettacolari hanno bisogno di soffitti alti, come sono quelli del terzo piano, altri invece sono di minori dimensioni e possono essere collocati nei piani inferiori di altezza minore. A questo proposito l’architetto Consuegra ha molto intelligentemente sfondato due solai, in maniera da creare due spazi a doppia altezza alla fine del percorso di ciascun piano. Il doppio volume che si viene a creare conferisce una grande ariosità e consente di allestire nel modo più accattivante possibile alcuni punti salienti del percorso espositivo, come quello dedicato al design per la croceristica, oppure quello sui grandi mammiferi del Museo di storia naturale che richiedono spazi molto alti.

Non mi dilungo ulteriormente su questi aspetti, ma dico solo che la nostra idea era di presentare pubblicamente il progetto e poi di discuterlo con tutti gli interessati. È stato presentato il 9 settembre 2021 quando si era già nel periodo elettorale; quindi, le persone erano forse distratte da altri impegni. Il concetto era però raccogliere i suggerimenti, le proposte, le critiche costruttive dei vari portatori di interesse per farle confluire in un documento finale.

Mi rifaccio a quello che diceva Zeno D’Agostino perché lo ritengo giusto e logico e cioè che di fatto prima di pensare al direttore o altro, vada fatta una riflessione complessiva su cosa si vuole che sia il sistema museale, perché una delle caratteristiche di questo progetto è che rimanda e rispecchia anche gli altri musei.

Vi faccio una serie di esempi: nel percorso si mette in rilievo uno dei personaggi più importanti dell’Ottocento triestino, il barone Revoltella, importante per il Lloyd austriaco, per le assicurazioni Generali, per il taglio dell’istmo di Suez, importante per quello che ha fatto nel mondo dell’arte. Dunque, è essenziale che vi sia un rimando al museo Revoltella. Dalla figura di Diego de Henriquez che è uno dei promotori e sostenitori del famoso batiscafo, si rimanda al Museo de Henriquez, le rotte globali rimandano al Museo di arte orientale e a Carlo Zanella, il collezionista il cui lascito costituisce il principale nucleo del Museo di arte orientale, il quale era l’agente del Lloyd in Estremo Oriente.

L’Acquario marino, che ormai dovrebbe essere in dirittura di arrivo per essere riaperto, è una parte fondamentale di questo sistema, perché nasce come un’antenna del museo di storia naturale, aperto novanta anni fa, ora riportato all’aspetto originario, è l’unico acquario rimasto così com’era in origine sia dal punto di vista architettonico che di finalità: essere un acquario per conoscere la fauna dell’Adriatico.

Tutto si tiene, gli esempi possono essere molteplici. Anche il Museo Winckelmann che ha in deposito materiali arrivati attraverso le esplorazioni. Sono cospicue e curiose le relazioni che legano i vari musei e le collezioni appartenenti anche ad altri soggetti e che moltiplicano le opportunità di comprensione della sfaccettata realtà triestina.

Ad esempio, abbiamo sviluppato assieme all’Autorità portuale un progetto denominato “Rotte globali” per la valorizzazione degli archivi appartenenti alla Parisi Spedizioni, Assicurazioni Generali, Museo Revoltella e Autorità Portuale. In collaborazione con l’Istituto Saranz sono state organizzate visite guidate ai vari archivi in occasione del tricentenario del porto franco, per far apprezzare la quantità e qualità di questi archivi, che dovrebbero poi convergere a mio giudizio nella creazione della rete di collaborazioni del Museo del mare.

Ma a mio modo di vedere la cosa principale è capire che tipo di organizzazione vogliamo, che governance vogliamo: solo questo museo, tutti i musei? Che tipo di gestione? Perché – non so se tutti lo sanno – ma questo dibattito nel resto d’Italia è avvenuto negli anni Ottanta del secolo scorso. Città come Bologna, Torino, Milano, Genova, hanno tutte dato autonomia gestionale ai musei da lunga data. Bologna nel 1992: sono trent’anni, mentre qui non se n’è ancora neppure discusso. Penso quindi che sia importante fare una riflessione complessiva su che tipo di organizzazione e governo vogliamo per i nostri istituti culturali al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati.

Aggiungo ancora una serie di cose. All’interno del progetto, come si diceva, vengono fatti vari rimandi. Per esempio, si chiedeva nelle domande arrivate per iscritto di ricordare il tema delle migrazioni. Nel Novecento Trieste è stata teatro di diverse importanti migrazioni di popolazione. Una sezione è dedicata a questo tema, comprende sia il momento di Trieste come porta di Sion con l’emigrazione degli ebrei verso la Palestina, illustrata di recente in una mostra al museo ebraico Wagner (quindi anche il loro coinvolgimento), oppure le masserizie degli esuli che sono state da poco allestite al magazzino 26, oppure ancora l’emigrazione giuliana nel mondo, in particolare verso il Sudamerica, o verso l’Australia.

È previsto che nel percorso espositivo siano presentati tutti i temi e credo sia molto importante dare un’immagine della nostra città a 360 gradi. A un certo punto del percorso viene affrontato il tema dell’innovazione nella cantieristica e nelle tecnologie per la tutela degli ambienti marini. Nel magazzino 23 è presente la Saipem con il centro di robotica subacquea. Saipem ha allestito uno stand per presentare questo progetto all’interno dell’Immaginario Scientifico. Allora inutile duplicare, si segnala che basta scendere al piano terra, visitare l’Immaginario scientifico e imparare di più sulla robotica subacquea. Si tiene l’intero sistema perché le innovazioni tecnologiche servono alla salvaguardia dell’ambiente e quindi a prevenire inquinamenti di grave portata.

Ci sono tantissime suggestioni, adesso il tempo è troppo breve per poter segnalare tutto, ma aggiungo un’altra cosa. Avevamo prodotto una serie di brevi video per raccontare sinteticamente le diverse sezioni del museo. Colgo di nuovo l’occasione per ringraziare Maurizio Eliseo e Sergio Bologna, che erano stati coinvolti per raccontare i diversi temi. Si tratta di video di pochi minuti, ciascuno con un ricco repertorio iconografico tratto in larga misura dalla fototeca, opera di un celebre documentarista: Gianpaolo Penco di Video Est. Questi sono pensati proprio per essere posti in esposizione, l’idea è di avere due accompagnatori che ci guidano lungo il percorso, raccontandoci in modo colloquiale ma puntuale e preciso i contenuti di ogni sezione, la storia del porto, l’economia, i container ecc.

Lo storyboard era stato ultimato (fase 1) alla fine del 2020 e si attendeva il via libera per passare al momento di confronto con la città (fase 2). Probabilmente il Covid 19, che ha impattato su tutte le attività, ha rallentato l’avvio della fase 2, che in ogni caso vedo come necessaria.

 

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