Maurizio Eliseo
Incontro sul Museo del Mare
25 maggio 2022

Vorrei mostrarvi un’immagine che mi è particolarmente cara. Risale al gennaio del 1961, quando alla cerimonia di insediamento come presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy volle che dietro alla sua auto ci fosse il batiscafo Trieste.

Oggi Trieste non ha più grandi scuse per non riuscire a fare qualcosa di locale che abbia un valore internazionale. La maggior parte delle istituzioni che sono le eccellenze della città e coprono più o meno tutti i settori sono legate alla storia dell’economia del porto: la loro storia è indissolubilmente legata al mare. Prima ci si chiedeva se questo dovesse essere un Museo del Mare o un Museo della Città, ma in fondo sono la stessa cosa, perché se penso a tutte le grandi realtà note a livello mondiale, che hanno fatto conoscere Trieste in tutto il mondo, sono tutte, in qualche modo, collegate all’economia del mare.

Prima, ad esempio, si è parlato di Saipem e anche di altre eccellenze che sono meno note. È inutile che dire che se Fincantieri ha sede a Trieste e se qui c’è il più grande costruttore di motori diesel marini, se stiamo facendo un enorme sforzo di ricerca per la nuova generazione in tal senso, è perché abbiamo una storia che è iniziata agli albori della rivoluzione industriale. Tutti questi legami che hanno reso Trieste una città cosmopolita, con forti legami con le varie comunità, devono essere assolutamente valorizzati.

Non mi soffermo nemmeno sul fatto che il museo non deve essere un oggetto che si limiti a raccontare la storia del passato, semmai facciamo uno sforzo e partiamo da alcuni percorsi al contrario, dal presente. Certamente c’è il discorso delle risorse umane necessarie per la sua realizzazione, certamente il comitato scientifico è importante, ma bisogna anche pensare alla gestione del museo come catalizzatore e riferimento culturale di tutte le realtà della produttività triestina, dell’industria, della scuola e della formazione…

Un luogo in cui tutte le istituzioni d’eccellenza, soprattutto quelle legate ai giovani di oggi, possano prendere in mano e sentire come loro questo luogo, perché altrimenti, come dimostrano troppi esempi che abbiamo attorno, sarà destinato a naufragare e a morire. È anche importante capire che cosa si vuole fare, non c’è una linea guida ancora definita, e mi è capitato di sentire le ipotesi più strampalate e impegnative dal punto di vista del personale. Ma non so quanto siano notizie affidabili.

Se vogliamo essere pragmatici, mi pare che come tempi si parli di un’apertura del museo per il 2026, ma se si pensa di avere molto tempo davanti, non è affatto così. Ora, a proposito del batiscafo Trieste in America ci hanno fatto un intero museo intorno, riescono a vendere i biglietti solo per andare a visitare quello. Allora faccio una proposta molto personale, che si aggiunge ai discorsi straordinari e all’inquadramento generale che hanno già fatto i miei amici e correlatori. Immaginare, ad esempio, come nel museo della NASA a Houston che si possa salire a bordo del batiscafo Trieste, immaginiamo che sia possibile fare un percorso di esplorazione dei fondali da parte dei ragazzi, e quindi parlare anche di quello che si fa nella ricerca scientifica, collegandosi con il parco di Miramare e con gli altri studi di natura biologica marina.

I centri di ricerca, le istituzioni vanno coinvolti e le eccellenze dei laboratori di ricerca, che tanti ci invidiano, sono fondamentali. C’è bisogno di un loro contributo, di un rapporto con loro, per raccontare che cosa fanno e per quale motivo sono arrivati a Trieste. Perché Trieste è stata nei secoli un enorme collettore di imprenditori della mente, non solo di mercanti, che chiaramente hanno avuto il loro ruolo fondamentale. Il ruolo di un comitato scientifico lo vedo come indispensabile e urgente, se immaginiamo di fare ad esempio una ricostruzione del Trieste, o di fare un modello della Novara, o se volessimo fare un raccordo adeguato con il Museo naturale e quindi con i reperti che sono stati importati attraverso queste spedizioni.

Ma per fare un modello della Novara ci vogliono quattro anni, tanto per essere chiari. Non è un problema finanziario, però teniamo presente che è un’occasione unica nella storia italiana che ci siano fondi sufficienti per realizzare un museo che rappresenti il futuro della città, che diventi un’eccellenza.

Come diceva giustamente Zeno D’Agostino, se Trieste vuole porsi come eccellenza per quanto riguarda la ricerca, le tecnologie, le scienze, l’arte ecc. non può farlo se poi a livello culturale non è in grado di sostenere questa prospettiva. Trieste ha dei vantaggi enormi: l’elica di Ressel, il primo piroscafo a vapore, condiviso con i napoletani, la grande iniziativa del container hanno tutti una potenzialità di eccellenza a livello mondiale.

Mi è capitato di lavorare più volte come consulente nella realizzazione di musei, dove sono riusciti a ottenere comunque dei risultati più che dignitosi con cinque pescherecci e tre rimorchiatori, ma hanno dovuto pescare da altre realtà ed essere più generalisti. Noi con la nostra storia e mettendo insieme un comitato scientifico con tante sfaccettature e idee diverse, dobbiamo evitare di fare un museo generalista, di cui non sentiamo proprio il bisogno.

 

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