In questi caldi giorni di agosto il mare ci offre la possibilità di rinfrescarci e di trascorrere piacevolmente alcune ore o addirittura intere giornate. Ma il mare è innanzitutto un importantissimo ecosistema che costituisce anche una grande risorsa economica. Lo sappiamo bene a Trieste dove il mare è stato ed è ancora il cuore della città e il motore dell’economia: non solo attività portuali e cantieristica, ma anche pesca e acquacoltura, turismo e istituzioni scientifiche che il mare lo studiano.

E proprio la comunità scientifica europea, grazie alle immagini satellitari, con un articolo pubblicato sulla rivista Nature a giugno di quest’anno (https://www.instagram.com/p/C-UbKk4IxCn/) ci ha messi in guardia sulla grande quantità di rifiuti presenti nel Mar Mediterraneo: scie di rifiuti lunghe fino a 20 km, con una grande concentrazione proprio nell’Alto Adriatico. L’80% di questi rifiuti è costituito da plastica che con il tempo si trasforma in microplastica, raggiungendo concentrazioni elevatissime, pari a 1,9 milioni di frammenti per metro quadro.

Un danno ambientale che è anche un danno per la salute e l’economia se si pensa che un importante prodotto delle acque del nostro golfo sono proprio le cozze – i “pedoci” –, molluschi che filtrano l’acqua in cui trovano i nutrienti per vivere, ma purtroppo ormai non più solo quelli. Uno studio commissionato dal WWF all’Università australiana di Newcastle nel 2019 ha stimato che ogni persona ingerisce 2000 minuscoli frammenti di plastica a settimana, pari a 5 grammi, come se ci mangiassimo una tessera del bancomat. In un mese fanno 21 grammi, il peso di una gruccia appendiabiti, per un totale di 250 grammi di plastica ingerita in un anno, un chilogrammo in 4 anni.

La plastica che si accumula nel nostro corpo la assumiamo non solo mangiando e bevendo: la (micro)plastica ormai è ovunque, anche nell’aria che respiriamo. Ma qual è l’origine di questi rifiuti che finiscono nel nostro mare e soprattutto che cosa possiamo (e dobbiamo) fare?

I rifiuti plastici prodotti e abbandonati nell’ambiente finiscono in mare trascinati dalle forti precipitazioni, dal vento o in alcuni casi vengono gettati deliberatamente in mare. Pensando alla nostra città è facile imbattersi in situazioni in cui si immagina che quei rifiuti presto finiranno in mare: bicchieri di plastica monouso per consumazioni di drink take-away (conseguenza anche di ordinanze antivetro per garantire la pubblica sicurezza) e manifestazioni che si svolgono sulle Rive in prossimità del mare producono troppo spesso cassonetti delle immondizie strabordanti e rifiuti appoggiati ovunque, senza la necessità di aggiungere a ciò la carenza di senso civico e coscienza ambientale di qualcuno.

Bisogna agire lungo tutta la catena della produzione dei rifiuti, dalla prevenzione al corretto smaltimento con la raccolta differenziata e il riciclo.

Il nostro Comune ha dato il proprio patrocinio all’organizzazione Plastic Free che si occupa di organizzare campagne di volontariato per la raccolta dei rifiuti abbandonati nell’ambiente.

Va bene sostenere queste iniziative ed educare le persone, ma non basta. Bisogna agire a monte, disincentivando l’utilizzo della plastica monouso soprattutto negli eventi vicino al mare, sia inserendo questo requisito nel concedere gli spazi pubblici e nei bandi per le forniture di beni e servizi al Comune stesso, sia incentivando la vendita dello sfuso nei negozi e rimodulando di conseguenza anche le tariffe della TARI. Un nostro ordine del giorno in merito è stato accolto nel corso dell’ultima discussione su queste tariffe.

Una direttiva europea mette già al bando la plastica usa e getta e l’Italia, ovviamente, è già in procedura di infrazione per la mancata attuazione; ancora a marzo del 2022 avevamo depositato una mozione per chiedere di istituire un tavolo di confronto con le realtà commerciali per favorire questa transizione necessaria, ma questa mozione è stata recentemente bocciata dalla maggioranza, che evidentemente ritiene non si tratti di un tema importante.

Le soluzioni alternative ci sono e vengono già praticate dove le direttive vengono rispettate e la sensibilità ambientale ha maggior peso. Si possono ad esempio applicare tariffe di cauzione che vengono poi rimborsate alla restituzione di piatti, bicchieri e posate, ma sia il problema che le possibili proposte di soluzione vanno discusse con gli operatori economici e non possono essere semplicemente calate dall’alto. È notizia di questi giorni che agli equipaggi della prossima Barcolana saranno distribuiti calici in ABS da portare con sé e poter riusare, coinvolgendo anche i bar e gli esercenti nell’operazione: è certamente un primo passo nella direzione giusta, ma non basta!

Nel Comune di Trieste poi si registra la percentuale di raccolta differenziata più bassa in regione e un valore medio-basso anche a livello nazionale, per cui l’amministrazione deve impegnarsi ed agire per fare significativi passi avanti su questo fronte.

Proteggiamo il mare che amiamo e proteggeremo anche la nostra salute e la nostra economia!