di Liliana Marchi

In questi giorni al padiglione “M” del parco di San Giovanni, nel nuovo spazio espositivo Sala M-arte, è in corso la mostra di pittura di Michele La Masa, intitolata: “Super Faust in progress”.. È un evento che ha dello straordinario se si pensa all’autore.

Michele è un uomo di 63 anni, affetto da una grave patologia psichiatrica, di lui sono la tutrice da quando ne aveva 28. In quel periodo Michele era rimasto solo al mondo e la parte più pesante della sua schizofrenia era nella fase più acuta. Autonomie pochissime, momenti di aggressività e stati allucinatori ben presenti.

All’inizio non è stato semplice il confronto con gli operatori della psichiatria, che avrebbero voluto una sorta di  “monopolio” nei confronti di Michele e delle scelte da effettuare. A questa visione così esclusiva mi sono opposta, cercando di trovare uno spazio per poter garantire a Michele il miglior percorso possibile, verso l’acquisizione di autonomie piccole ma importanti per una qualità di vita accettabile.

In un primo periodo siamo riusciti a farlo restare in un piccolo appartamento di sua proprietà, con un accompagnamento diurno. Il riferimento era il CIM (così chiamati allora i centri di salute mentale) della Maddalena. Nel frattempo era entrata in scena una persona che si è rivelata, nel corso degli anni, una presenza fondamentale e determinante per la “crescita” del mio tutelato, un’operatrice che lo seguiva e tutt’ora lo segue per tre ore al giorno la settimana.

A lei si devono i primi, importanti passi, nelle autonomie di base (lavarsi, vestirsi, uscire da solo ed eseguire commissioni, gestendo piccole somme di denaro, ecc.). Presso i centri della Maddalena, di Barcola e, nel parco di San Giovanni, i padiglioni “P” ed “M”, Michele comincia a frequentare una serie di attività che i servizi di salute mentale di Trieste  offrono: alfabetizzazione, un corso tenuto dall’indimenticata maestra Duilia Farina.

E poi attività motoria, musica, uscite in gruppo, gite e viaggi. È verso la metà degli anni novanta che Michele si avvicina alla pittura con il maestro, l’argentino Giampietro Guillermo.

Qui scatta, quello che potremmo definire un punto di svolta. La pittura diventa terapia, i colori, le geometrie, la ricerca instancabile che Guillermo Giampietro compie assieme a lui per trovare la maniera migliore per esprimersi diventa una vera e propria cura.

Nel tempo sono state allestite cinque mostre, che rappresentano il percorso non solo pittorico-artistico di Michele, ma costituiscono il passaggio da malato mentale a persona che ha trovato una sua identità, un mezzo attraverso cui si riconosce e viene riconosciuto.

Nel corso degli anni, Michele ha cambiato due volte abitazione, è vissuto in “casetta Z“, una delle ultime unità residenziali dell’ex Opp, per giungere nel 2010 in un gruppo appartamento, condiviso con altri due utenti, gestito dalla cooperativa 2001 di giorno e “Amico” di notte. Insieme, e sotto la guida degli educatori, conducono una vita scandita da attività legate alla quotidianità (fare la spesa, preparare il pranzo, tenere in ordine le proprie cose, ed altre piccole mansioni). Nel frattempo ci sono stati i viaggi, uno all’anno con il gruppo appartamento, e tante altre attività (ippoterapia, piscina, orto urbano, musica, ecc)

I rapporti con gli operatori psichiatrici sono migliorati, abbiamo trovato un punto d’incontro ed io sono riconoscente per tutto ciò che i servizi di salute mentale di Trieste hanno offerto per la crescita e l’affrancamento dalla malattia, che non rappresenta la guarigione, ma consente di poter giungere ad una qualità di vita molto soddisfacente.

La storia di Michele è emblematica e purtroppo non costituisce la regola. Molte persone con cui nel tempo mi sono confrontata, affermano di non aver trovato aiuto e supporto presso i servizi di salute mentale. A noi è andata diversamente. Certo è che l’attenzione non è mai venuta meno, e quando c’è stato da battagliare, io c’ero.

Affermo per contro e con grande dispiacere che nel tempo molto si è perso. La qualità e la quantità dei servizi offerti è diminuita, il personale si è ridotto numericamente, i minori investimenti nel campo della salute mentale si fanno sentire. Quello che prima era offerto gratuitamente, o non c’è più o, in molti casi, è a pagamento.

Chiudo con una nota anzi due.

La prima: non possiamo assistere senza opporci fermamente alla  chiusura di due su quattro centri di salute mentale presenti sul nostro territorio chiedendo al contempo di implementare il personale e le risorse.

Vi invito infine, se già non l’avete fatto, ad andare a visitare la mostra di Michele.

Ne resterete stupefatti!