Le cittadine e i cittadini fanno sempre bene a tenere gli occhi aperti, ma di questa amministrazione comunale è indispensabile osservare ogni passo, ogni gesto. Sembra incredibile, ma qui si compiono con grande leggerezza ogni tipo di irregolarità, e vere e proprie violazioni normative.
Durante i lavori di distruzione dell’ex Pavan a San Giacomo è venuto alla luce un vecchio pozzo, e qualcuno ha notato che una ruspa ha cominciato frettolosamente e senza riguardi a riempirlo, come se bisognasse subito nasconderlo, farlo sparire. Il macchinario ci è passato sopra coi cingoli, probabilmente danneggiandolo.
Appena la notizia è stata diffusa, ed erano già partite comunicazioni dei cittadini indirizzate alla Soprintendenza, l’assessora Lodi ha rilasciato una confusa dichiarazione dove si afferma che “il pozzo rinvenuto all’Ex Pavan risale all’800, è uno dei tanti che c’erano in città, è stato coperto per ragioni di sicurezza, non per nasconderlo, e non impedirà la prosecuzione dei lavori, d’intesa con la Soprintendenza”.
Questo è il pozzo come si presentava il giorno dopo: ripulito e transennato, la traballante versione dell’assessora è stata smentita in 24 ore. Non è raro che pozzi sette-ottocenteschi abbiano origini ben più antiche. Come lo si capisce? Dalla lettura delle pareti, dalle componenti messe in opera e dal riempimento: molto spesso infatti sul fondo ci sono stratificazioni di materiale che dimostrano la sua longevità. Aver riempito in tutta fretta il pozzo in quel modo con calcinacci e terreno, ha probabilmente compromesso la lettura complessiva del manufatto.
Ci chiediamo perché non fosse prevista la presenza degli archeologi nel cantiere, così come richiesto dalla legge. A contraddire le dichiarazioni di Elisa Lodi, c’è anche il principio legislativo che non ci sono reperti di serie A e di serie B, e soprattutto non compete al Comune stabilire quale sia il loro valore archeologico.
Ora bisognerà vedere se gli enti coinvolti agiranno secondo le regole, salvaguardando il manufatto antico e verificando che non ci sia il rischio di compromettere altri reperti eventualmente presenti, o se, secondo un tacito accordo tra soggetti istituzionali, la questione sarà frettolosamente chiusa, magari mettendoci qualche tonnellata di terra sopra.