Il cliente ha sempre ragione, sembrerebbe il motto adottato dall’Università di Udine nel redigere uno studio commissionato dal Comune di Trieste.

Lo scopo? Valutare la possibilità di creare “aree di compensazione” per aggirare le norme che proteggono il bosco Bovedo, zona di irripetibile ricchezza naturalistica ora minacciata dal progetto dell’ovovia.

Sorprendentemente, o forse no, il rapporto finale offre una facile soluzione proprio a chi spera di modificare l’ecosistema di questo sito.

Ma esperti come la dottoressa Marisa Vidali, naturalista, e il dottor Enrico Benussi, specialista in avifauna, hanno evidenziato gravi lacune nello studio. Errori metodologici, dati obsoleti e conclusioni poco attendibili che mettono in dubbio l’intera affidabilità del documento.

Interessante notare come il contributo del dottor Benussi, uno degli studiosi incaricati di partecipare alla stesura dello studio, sia stato quasi totalmente ignorato, evidentemente perché in contrasto con gli interessi del committente. Delle 50 pagine della sua relazione, solo 5 sono state considerate, e lui non è stato nemmeno coinvolto nella discussione decisiva sulle “compensazioni”, che poi ha individuato siti naturalistici distanti e ambientalmente non equivalenti a bosco Bovedo.

È lecito quindi chiedersi: gli oltre 56mila euro spesi per questo studio rappresentano uno spreco di denaro pubblico o un “investimento” per giustificare a tutti i costi un progetto insostenibile?

Ecco che allora, quando l’assessore regionale Scoccimarro parla di “compensazioni” come una soluzione semplice e indolore per giustificare l’irrimediabile distruzione di un tesoro ambientale come bosco Bovedo, non possiamo fare a meno di constatare che vive nel mondo delle fiabe.

 

Una delle “aree di compensazione” individuate per risarcire la distruzione di bosco Bovedo, infatti, si trova nel Comune di Muggia, in prossimità di un viadotto.