Di William Starc

È apparsa sul quotidiano locale nei giorni scorsi la notizia che il Sindaco ha discusso con il Rettore la possibilità di insediare nell’ex campo profughi di Padriciano attività Universitarie. La ragione di tale ipotesi sta nell’annuncio da parte del Rettore che le iscrizioni all’Università di Trieste sono in aumento e quindi bisogna reperire nel territorio aree ed edifici per l’espansione delle facoltà. Ora, volendo entrare più nel merito della questione, va subito evidenziato che aree ed edifici su cui concentrare l’interesse per queste destinazioni a Trieste non mancano, tanto più che alcune sono già in mano pubblica e comporterebbero solo costi inerenti le urbanizzazioni e le  ristrutturazioni edilizie. Si consideri che il comprensorio dell’ex ospedale di S. Giovanni nel corso degli ultimi 20 anni ha visto utilizzati alcuni edifici opportunamente ristrutturati come sedi universitarie e presenta ancora ulteriori potenzialità vista la presenza di edifici non utilizzati che meriterebbero un recupero a questi fini. Si pensi all’ambito del Porto Vecchio che dispone di molti edifici con volumi e superfici atti ad essere trasformati per nuove destinazioni d’uso, tra le quali quella universitaria potrebbe concorrere in modo rilevante alla trasformazione del sito. Inoltre va ricordato il comprensorio delle caserme dismesse di via Rossetti, sul quale c’è un’ipotesi di campus per le scuole medie superiori, ma che si presta, vista la dimensione, pure per l’Università.

Fatta questa breve ricognizione sulle potenzialità in ambito urbano si ritiene utile evidenziare che la proposta per l’utilizzo dell’ex Campo Profughi a fini universitari non sia idonea per tutta una serie di ragioni che di seguito si elencano:

  • Nel corso degli ultimi 25 anni l’Università ha localizzato le sue facoltà, sia fuori Provincia che in parti diverse della città, senza una logica di piano organico. Va ricordato che la presenza di una sede universitaria oltre ad essere fonte di prestigio per una città, con la presenza di docenti nelle diverse discipline scientifiche ed umanistiche è pure fonte di arricchimento culturale per la comunità residente, genera economia sotto diversi punti di vista, occupazione qualificata, brevetti, investimenti, ecc. Quanto più gli edifici universitari sono localizzati nell’ambito urbano, tanto più ci sono occasioni di relazione tra docenti, studenti, soprattutto per quelli provenienti da fuori sede, e residenti. Le attività commerciali, quali ristorazione, distribuzione, mercati e affitto di appartamenti e stanze traggono vantaggio fornendo beni e servizi a coloro che frequentano l’Università.
  • La localizzazione di sedi universitarie in ambito urbano, consente di utilizzare in modo ottimale le linee di trasporto pubblico esistenti, senza dover apprestare linee appositamente dedicate, con aggravi di costi di esercizio e di spesa per gli utenti. Delocalizzare gli istituti fuori dall’ambito urbano significa relegare il mondo universitario in contesti che non parlano con la città, isole che per quanto attrezzate e autosufficienti dal punto di vista dei servizi, rimangono tali oltre a comportare costi di investimento notevoli per l’urbanizzazione delle aree e la realizzazione di tutto quanto necessità per rendere il complesso universitario autonomo.
  • La Provincia di Trieste ospita prestigiosi Istituti scientifici posti fuori dall’ambito urbano e ciò comporta che le attività in essi svolte e gli occupati siano poco conosciuti dalla comunità locale, penalizzando così l’integrazione e lo sviluppo di relazioni di queste realtà con il contesto. Si ritiene che parlare di espansione ulteriore dell’Università a Trieste sia una occasione per ridefinire le modalità con le quali affrontare lo sviluppo della filiera dell’istruzione superiore  che comprende non solo le discipline universitarie ma pure gli istituti scientifici e di ricerca che operano nel nostro territorio. Usare i finanziamenti che si renderanno disponibili (PNRR) per incrementare non solo il recupero delle aree dismesse in ambito urbano a questi fini, ma tessere nuove relazioni tra le sedi universitarie e i quartieri che li ospitano potenziando e aprendo i servizi, quali, biblioteche, aule magne, mense, ecc. alla popolazione residente.
  • Da quanto sopra esposto risulta che considerare l’area dell’ex Campo profughi di Padriciano, come sede per la futura espansione dell’Università, significa seguire una logica che intende l’Istituzione Universitaria separata dalla contaminazione generata dalla localizzazione in ambito urbano, con un incremento dei costi di gestione, dovuti alla realizzazione di servizi esclusivi per la stessa, e l’aggravio dei tempi per il trasferimento dalla città alla nuova sede, più traffico, più inquinamento, più consumo di suolo, elementi che non sono in linea con gli assunti per la transizione ecologica e uno sviluppo sostenibile.
  • Un’ultima considerazione concerne la modalità con la quale venie annunciata l’idea dell’uso dell’Ex Campo Profughi. La Comunità locale che risiede nelle adiacenze del comprensorio nominato ed ha condiviso le vicende collegate alla sua realizzazione ed uso nel corso di 70 anni, non è stata coinvolta in questa proposta. Da anni viene rivendicata la possibilità di utilizzare il comprensorio a finalità collegate al contesto locale, per l’insediamento di attività economiche compatibili con l’ambiente carsico, ma le Istituzioni competenti non hanno fino ad oggi dato risposta a queste richieste. Il Campo oggi ospita in alcuni edifici il Servizio Speleologico Regionale, un Museo a ricordo della presenza dei profughi Istriani e Dalmati ospitati nell’immediato dopoguerra, e alcune Associazioni Carsiche. Indubbiamente per la sua localizzazione a ridosso di uno svincolo della Superstrada, il fatto di essere ubicato tra Area di Ricerca e Sincrotrone,  lo rende appetibile per molti usi, ma va ricordato che le aree naturali con cui confina consentirebbero una sua valorizzazione ai fini dello sviluppo rurale del Carso.