«Non penso faccia titolo essere seguaci di Basaglia»
(Riccardo Riccardi, vicepresidente FVG e assessore alla salute, Il Piccolo, 25 maggio 2021)

Una persona su quattro almeno una volta nella vita attraversa l’esperienza del disagio psichico (dati OMS)

Siamo seguaci di un modello, di un’attitudine, di una impostazione.

Basaglia non è solo la chiusura dei manicomi, Basaglia è la riorganizzazione di un sistema permeato da un aggressivo riduzionismo, dalla ipermedicalizzazione della salute e dalla subalternità dei ruoli sociali.

A Trieste, ormai da diverso tempo, è in corso un facinoroso tentativo di annientamento del sistema di salute territoriale. Un modello che ha reso negli anni la nostra città eccellenza a livello mondiale.

Lavorare sul territorio significa concepire la salute come un costrutto sistemico.

Riconoscere che il benessere di ciascuno non è riassumibile nel singolo individuo, ma è dato da un insieme di corpi, di situazioni e di contesti in costante interazione. Significa assumere la complessità del mondo come elemento imprescindibile nel processo di produzione della salute.

Riccardi nella stessa intervista rincara la dose: «attribuirsi la definizione di basagliano mi pare un atto di grande presunzione».

Personalmente ritengo che il vero atto di grande presunzione si possa osservare nella medicina tradizionale, così come nella vecchia psichiatria. Istituzioni che considerano la salute come la banale assenza di malattia o l’assenza di una condizione sintomatologica.

Una medicina che non indaga la molteplicità dei fattori che caratterizzano ed inficiano sulla condizione della persona; non si preoccupa di definire o manipolare le determinanti psicosociali alla radice; non va ad agire nell’ottica della prevenzione.

Il lavoro territoriale esce dai luoghi di cura e si impegna a raccogliere i bisogni delle persone nei loro contesti di vita. Restituisce la soggettività nei percorsi di cura promuovendo risposte puntuali e tarate sulle reali necessità dell’individuo. Rigenera i luoghi di vita e rivalorizza, moltiplicando, le risorse presenti.

L’attuale visione politica agisce in direzione contraria. Vuole costruire grandi centri ospedalieri lontani dai contesti di vita. Vuole ridurre le ore di apertura dei centri di salute mentale. Vuole ridurre il numero di operatori nei servizi. Vuole aumentare la platea per ogni centro e per ogni medico di base. Vuole investire nella sanità privata a scapito della pubblica.

Non è l’essere seguaci di Basaglia a fare titolo.

A fare titolo è una storia lunga 50 anni che ha saputo superare diverse istituzioni. Una storia che è stata in grado di rompere schemi anacronistici e indecorosi. Una storia che ha restituito diritti laddove negati. Una storia di lotta che ancora oggi si scrive e che si continuerà a scrivere in futuro.

Essere basagliani significa tenere aperte le contraddizioni.

Significa lottare affinché tutte e tutti possano accedere agli stessi servizi, indipendentemente dal proprio capitale.

Significa responsabilizzarsi rispetto al proprio ruolo e al proprio mandato sociale.

Significa non delegare la malattia esclusivamente alla persona.

Significa non accusare il corpo del singolo se esprime il malessere di una società contraddittoria, fallace e discriminante.

Significa non legare le persone ai letti.

Significa avere il coraggio di accusare le istituzioni quando falliscono.

Significa stare nelle cose.

Significa sospendere il giudizio.

Significa amare la complessità.

Significa essere in costante tensione per migliorare la vita di tutte e tutti.

Significa fare in modo che la salute sia di tutti e non un privilegio di pochi.

Siamo orgogliosamente basagliani, sig. Riccardi.

 

Kevin Nicolini