All’evento di Adesso estate che abbiamo organizzato nello skatepark di Altura il 5 settembre, Elena Debetto (ex presidente regionale UISP) ci ha parlato dell’importanza di avere strutture pubbliche dove fare attività sportive in libertà e individualmente, e di come incentivare la partecipazione riconoscendo cittadinanza a ogni singolo cittadino. Questa è la trascrizione del suo intervento.

Sport come benessere

L’atleta finale, la prestazione è l’ultimo, l’obiettivo finale dello sport. Il primo è quello di far stare molto bene chi lo pratica di divertirsi. E se noi intendiamo la salute non solo come l’assenza della malattia, ma la intendiamo invece come il benessere, la felicità del singolo, quindi uno stato più ampio che riguarda non solo la parte fisica, ma anche la parte mentale, allora capiamo che ogni volta che noi creiamo spazi in cui le persone possono sentirsi bene, automaticamente abbiamo creato spazi di benessere e abbiamo dato salute ai cittadini. 

Tra l’altro questa cosa io la dico da vent’anni, sono vent’anni che mi occupo di sport, vent’anni di fallimenti allora – se dovessi fare un bilancio –, perché oggi dopo vent’anni stiamo ancora dicendo le stesse cose che dicevo vent’anni fa. Questo vuol dire in qualche modo che la visione di uno sport così come ve l’ho descritta io non ha assolutamente permeato la politica e i decisori politici e quindi oggi ci ritroviamo ancora a fare le stesse richieste e a dire ancora che non si può pensare al sostegno dello sport come al sostegno delle palestre, o al sostegno dell’impiantistica o dell’associazione. Il sostegno allo sport è permettere a ogni singolo cittadino di fare una scelta personale di benessere e di pratica individuale, prima ancora che all’interno di un contesto associativo

Allora qual è la ricaduta? Se noi avessimo strutture adeguate o comunque perlomeno già come queste sarebbe bello, ma proviamo a guardare oltre, se noi avessimo strutture adeguate dove praticare sport ogni volta che ne abbiamo voglia, ovviamente saremmo cittadini più sani fisicamente ma anche molto più felici e questo è un aspetto non di poco conto. 

L’obiettivo dell’amministrazione è quello di creare benessere all’interno della propria città. E tra l’altro, se proprio volessimo essere un po’ pignoli, il sindaco cioè l’amministrazione comunale, è responsabile in solido della salute dei propri cittadini. È una delle sue responsabilità garantire salute. Non solo quando chiude un impianto inquinante ma anche quando fa azioni che promuovano la salute quindi ha la responsabilità diretta di fare scelte di questo tipo e non solo una responsabilità – come dire – etica. La ricaduta sarebbe veramente meravigliosa.

Mobilità dei bambini

Federico Zadnich Questo è anche l’obiettivo di Adesso Trieste: promuovere questo diritto a praticare in maniera individuale, diffusa, gratuita lo sport. Ben venga che ci sia qualche campione che va alle Olimpiadi, ce lo auguriamo tutti, ma quella è la punta dell’iceberg, tutto il resto è la parte più importante. 

Cambiamo leggermente discorso, non parliamo di sport ma parliamo di mobilità: mobilità dei bambini perché Elena ha curato in particolare il punto della mobilità dei bambini. In realtà ci sono molti legami tra permettere a un bambino di poter raggiungere in autonomia la propria scuola, o il luogo dover fare sport e quell’idea di città che deve promuovere stili di vita sani e felicità per tutti. 

Vi leggo un pezzo del punto programmatico “Città e strade a misura di bambino” perché lo ritengo estremamente bello e significativo. “Il compito degli adulti delle amministrazioni è quello di rispettare i diritti dei bambini e delle bambine non come una gentile e paternalistica concessione ai più piccoli. Permettere alle bambine e bambini di Trieste una mobilità sicura e autonoma per andare a scuola equivale a riconoscere  che il luogo pubblico è tale solo se garantisce e accoglie tutti.” 

Quindi anche qui, l’accoglienza e il garantire a tutti e anche ai bambini di poter muoversi in autonomia e andare a scuola in autonomia. Anche qui è la stessa domanda, e anche qui abbiamo avuto alcuni esempi positivi. Penso al Pedibus della zona di via Revoltella. Però in realtà è veramente difficile per un bambino e per dei genitori decidere di permettere a un figlio di andare a scuola da solo. Cosa dobbiamo fare per far sì che ciò avvenga e che ricadute positive porterebbe per la nostra città? 

Elena Debetto Per fare in modo che questo avvenga, bisogna ascoltare le richieste dei cittadini, non fare orecchie da mercante per quattro anni e poi al quinto sfoderare conigli dal cappello. Bisogna costruire insieme con la cittadinanza, ascoltare i desiderata, ma soprattutto ascoltare la necessità e mettere in atto azioni serie, programmare, avere il coraggio di osare e togliere, per esempio dalla strada, le macchine e i parcheggi e garantire alle persone di poter raggiungere i luoghi come la scuola, che è un luogo importantissimo non solo dal punto di vista educativo, ma ha anche un significato – come dire – di comunità. 

Permettere di raggiungere quei luoghi in maniera sicura e la maniera sicura per un bambino è andarci a piedi, perché tra l’altro questo crea mille ricadute su di lui. Una ovviamente è la socialità con i coetanei, un’altra è la possibilità di conoscere il proprio quartiere, un’altra ancora è quella di far vivere un quartiere perché un bambino che cammina in un quartiere è un bambino che dà vita al quartiere, è osservato dalle persone che lo abitano, è tutelato dalle persone che lo abitano. Si crea una rete di tutele intorno a questo bambino. 

Lo abbiamo visto facendo questa straordinaria esperienza del Pedibus della Giotti, che è una scuola in strada di Rozzol, ma è tristemente l’unico esempio nonostante per più volte abbiamo provato a partire con progetti simili in altri contesti: Valmaura è uno di questi, Opicina un altro, ma non si sono attivate le stesse energie. 

L’altra questione che c’è in quella frase del vostro programma è quella di riconoscere cittadinanza a ogni singolo cittadino. Quello che dicevo prima è che Irene o Giulio non devono chiedere, loro hanno il diritto di avere, perché sono cittadini che hanno lo stesso diritto e la stessa importanza di tutti gli altri. Ma non soltanto loro, anche tutti quelli più piccoli di loro. Non c’è una scala di importanza in base all’anagrafica, il cittadino è tale perché c’è, esiste. 

Allora, questo sguardo paternalistico che abbiamo nei confronti dei bambini, per cui chiediamo loro di fare i disegni della città ideale, ma poi non li mettiamo mai in atto, è uno sguardo che è fallimentare e che tra l’altro dà vita a cittadini che già da piccoli si disinnamorano della politica e della partecipazione. Oggi una delle cose che noi diciamo o che spesso ci viene detta è che c’è poca partecipazione giovanile. Ma la partecipazione giovanile tu la costruisci insegnando alle persone fin da quando sono piccole che possono dire la loro e che la loro pesa sul piatto esattamente come quella di tutti gli altri. 

Ecco che i percorsi Pedibus che abbiamo costruito hanno avuto assolutamente la fortuna di poter ascoltare quello che ci dicevano i bambini e di metterlo in atto. E questa è stata una grandissima vittoria, non solo per il percorso in sé, ma per il percorso di crescita di cittadinanza di quei bambini che oggi tra l’altro vanno all’università. Perché quando abbiamo iniziato quel percorso loro avevano sei, sette, otto anni. Dall’inizio del percorso sono passati 15 anni quindi nel frattempo l’avranno anche finita. 

Quindi ecco che quei bambini, secondo me, oggi sono cittadini attivi che  possono dare il loro contributo a delle nuove scelte, a una nuova costruzione di Trieste. Ce n’è bisogno. Ecco che queste politiche che abbiamo sempre relegato in cantucci – lo sport piuttosto che la mobilità – come se fossero dei cassettini che potevi chiudere, aprire a tuo piacimento, sono invece il mobile, cioè sono trasversali a qualsiasi scelta un decisore politico fa. 

Ogni volta che costruisce qualcosa all’interno di un quartiere il decisore politico deve pensare a tutti questi aspetti, cioè garantire che le persone si possano muovere in sicurezza, garantire che le persone possano vivere quel tessuto in maniera piacevole. Sono cose essenziali. 

Federico Zadnich Grazie Elena, grazie mille. Una Trieste che deve promuovere con spazi urbani diversi gli stili di vita sani, la partecipazione e la crescita con attenzione ai più piccoli soprattutto. Grazie