La situazione di degrado denunciata da esercenti e residenti tra il Giardino di Strada di Guardiella e Via Bonomo, in particolare nell’area del centro commerciale Il Giulia, è stata ieri al centro di una seduta di VI Circoscrizione aperta al pubblico. Roberta Balestra, direttrice del Dipartimento delle Dipendenze Legali e Illegali, e operatori del Terzo Settore hanno chiesto con forza al Comune di intervenire destinando fondi e risorse sull’educativa di strada.

Dalla seduta di ieri è emerso chiaramente quanto sia necessario che il Comune si faccia parte attiva per realizzare un progetto di educativa di strada, finalizzato a rafforzare i fattori protettivi e ridurre quelli di rischio, aumentare l’autonomia e promuovere l’ascolto, il benessere. Progetto che potrebbe essere sperimentato nel rione di San Giovanni per poi poter essere replicato in altre realtà cittadine.

Pur riconoscendo la gravità del problema pensiamo che le soluzioni improntate solo a politiche securitarie siano del tutto inadeguate. Il problema non è la presenza del “Ser.T” e della sua relativa utenza. Volendo perseguire questa linea dovremmo citare negativamente anche l’alcologia, i padiglioni del dipartimento di salute mentale e tutte le realtà che cercano di alleviare un disagio che non vogliamo vedere, ma che c’è e si sta facendo sentire. Non è la presenza di certi servizi a far sì che esistano problemi legati alle dipendenze e/o al disagio mentale, ma sono proprio le problematiche legate alla dipendenza e al disagio mentale a far sì che certi servizi esistano. Dobbiamo attuare strategie per combattere la povertà, in questo caso educativa, e non i poveri. 

Da ultime segnalazioni e monitoraggi pare vi sia anche una numerosa presenza di ragazzi più giovani d’età compresa tra i 17 e i 25 anni dei quali la maggior parte non  risulta essere seguita dai servizi sopra citati. Dove sono quindi i servizi educativi? Forse l’educativa di strada, come detto dall’assessore Grilli, non sarà la panacea di ogni male o la risposta a ogni domanda, tuttavia resta il fatto che il mandato educativo è in capo al Comune e con ragazzi così giovani sarebbe giusto lavorare in tal senso creando con loro una relazione fiduciaria direttamente nei loro luoghi informali di aggregazione. Non possiamo continuare a permetterci di vedere questi giovani solo dopo spiacevoli fatti di cronaca proponendo attività “correttive”. L’educazione comincia molto prima, è progettualità.  Perché non si può pensare alla sicurezza come a un bisogno al quale si può rispondere con questo tipo di attività e non sempre e solo con il registro dell’emergenza? La progettualità garantirebbe risultati a lungo termine, invece di raccontarci ciclicamente quelle stesse problematiche legate alla miseria educativa e culturale di molti.