Come è possibile allestire una mostra sul nulla, riuscire a venderla a un’amministrazione comunale che ha il coraggio non solo di inserirla nel proprio programma culturale ma addirittura di vantarsi di averla portata a Trieste? Vi inviteremmo ad andare al Salone degli Incanti a vedere con i vostri occhi l’inconsistenza della mostra su Frida Kahlo, se non fosse che ne uscireste con 14 euro in meno e pervasi da un grande senso di tristezza e delusione.

Pare che nell’arte oggi ci sia una nuova tendenza, una vera e propria corrente artistica chiamata “mostrismo”. Ma non avrebbe mai preso piede senza la collusione di amministrazioni pubbliche che hanno poca familiarità con la cultura e pensano che per cavarsela sia sufficiente allestire mostre “acchiappaturisti”, dove al nome di un’artista arcinota basta unire l’aggettivo “sensoriale” e il gioco è fatto. Sono quasi sempre mostre banali, superficiali e preconfezionate, che non aggiungono nulla a ciò che già sappiamo di un artista, nessuna prospettiva inedita, nessun percorso originale. Anzi, si concentrano sulle opere più simboliche e universalmente note, per cercare di raggiungere la più ampia platea di persone ignare, che ci cascano attratte dal nome.

Nel caso in questione, però, mancano addirittura le opere e gli aggettivi che accompagnano il titolo – mostra “sensoriale” e “multimediale” – non sono altro che un escamotage per dire che non ci troverete nessuno dei suoi quadri, ma solo il racconto raffazzonato della sua vita attraverso qualche scena più o meno “cringe”. Niente è autentico, tutto è ricostruito in maniera approssimativa e scadente: la stanza con il letto a baldacchino, la postazione per dipingere con la sedia a rotelle e il cavalletto, gli scheletri delle feste messicane appesi alle pareti. Entrando in una stanza buia penserete di poter finalmente ammirare qualche suo quadro, ma saranno solo stampe male illuminate. In un altro punto troverete dei busti in gesso, ma saranno opere di artisti italiani che li hanno dipinti ispirandosi a lei. Oppure abiti che cercano di riprodurre il suo modo di vestirsi. Il momento più basso di tutto il percorso espositivo è la ricostruzione – in 10D, ci tiene a dire il cartello – del suo incidente sul tram. Indossati gli occhialini 3D, vi siederete su una poltrona che vi darà qualche scossone mentre un filmato si animerà davanti ai vostri occhi e un ventilatore vi darà l’impressione del vento.

Soltanto degli amministratori distratti e culturalmente impreparati potrebbero non aver colto l’inconsistenza di una mostra del genere, su cui Adesso Trieste vuole andare più a fondo per capire come e perché è stata approvata, e conoscere quanto denaro pubblico è costata. Ma alla fine cosa ci si può aspettare da un’amministrazione comunale che non ha investito nella valorizzazione del proprio patrimonio artistico, che non ha saputo dotare i propri musei di un direttore artistico, o di un comitato scientifico, che ha via via esternalizzato tutti i servizi e non ha cercato di attrarre personale qualificato, curatori attenti o coinvolgere esperti nell’allestimento dei musei?

Un’ulteriore prova dell’impreparazione di questa amministrazione comunale è data dall’operazione Museo del Mare, che sta a cuore a molti di noi. Si è molto parlato del contenitore progettato dall’architetto Consuegra, ma sul contenuto è calato un velo di silenzio. Nessun dibattito pubblico su quale deve essere la funzione di questo museo, nessun coinvolgimento degli storici e degli esperti di storia navale che questa città vanta di avere, nessun comitato scientifico in grado di decidere le linee guida per l’allestimento. Ma anche su questo ci stiamo muovendo e vi aggiorneremo a breve.