È notizia di questi giorni che, durante i lavori attualmente in corso di svolgimento in Porto Vecchio, sono stati messi in luce i resti delle strutture che originariamente facevano parte del complesso del Lazzaretto di Santa Teresa la cui realizzazione risale al 1769 e che rimase in uso fino al 1868, quando i lavori per la creazione delle strutture della Ferrovia Meridionale ne decretarono un primo adeguamento strutturale, premessa per il successivo interramento a seguito della realizzazione dell’area che noi oggi conosciamo come Porto Vecchio che ne determinò la completa obliterazione.

Questi resti, in buono stato di conservazione e apprezzabili su una superficie molto ampia, restituiscono uno scorcio del primo sviluppo della città di Trieste e del suo porto, e al momento appaiono visibili in corrispondenza della fronte sud del Magazzino 26, futuro contenitore del discusso Museo del Mare.

Il dibattito che sta nascendo attorno al ritrovamenti di queste strutture appare contemporaneamente stimolante e sconsolante: la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio (SABAP) del Friuli Venezia Giulia, per voce della dottoressa Simonetta Bonomi, è indirizzata verso il mantenimento a vista del complesso, che anzi verosimilmente in futuro potrebbe acquisire nuovi elementi attraverso l’ampliamento delle aree di indagine a seguito dello sviluppo delle aree di scavo del cantiere in corso. Tale prospettiva, che ovviamente prevede un adeguato approccio alla delimitazione dell’area e al consolidamento delle evidenze documentate, appare in linea con la volontà di preservare parte delle memorie architettoniche ancora conservate nell’enorme area del Porto Vecchio; le strutture del Lazzaretto di Santa Teresa (in particolare si tratta di parte del molo esterno del bacino e di alcune strutture a esso afferenti) andrebbero quindi a costituire memoria tangibile di come era questa area prima ancora che il Porto Vecchio stesso esistesse. Inoltre, approfittando della sua posizione topografica, sarebbe una perfetta integrazione al limitrofo futuro Museo del Mare del Magazzino 26 il quale, negli intenti, dovrebbe andare a raccontare la storia del mare e della marineria di Trieste e, attraverso questo racconto, la storia della stessa Trieste.

Veniamo però anche alla parte sconsolante: cosa ci si aspetterebbe da un assessorato alla cultura del Comune, di fronte a questa opportunità e a questa prospettiva? Potenzialmente almeno “curiosità” per quello che concorre anche all’aspetto storico e culturale appunto di un pezzo della nostra città in via di recupero. E invece l’assessore Giorgio Rossi sembra cassare qualsiasi eventuale prospettiva che vada in questa direzione; leggiamo infatti che, non essendo la prima volta che si fa un rinvenimento del genere (nota a margine: è invece un rinvenimento unico nel suo genere per livello di conservazione ed estensione), la soluzione migliore è quella che “si lascia lì e si ricopre” (virgolettato).

Ancora una volta quindi ci troviamo davanti non semplicemente a una sfida non colta, ma davanti alla rinuncia alla valutazione preliminare se prendere o meno in considerazione quella sfida, al solito una frenata a qualsiasi tipo di possibile proposito di poter fare qualcosa di ulteriormente ambizioso approfittando di un’opportunità che si è concretizzata e che può essere anche arricchita. L’area con i resti del Lazzaretto, se correttamente delimitata e valorizzata, ben si andrebbe a inserire nel progetto del cosiddetto “Parco Lineare” che si dovrebbe sviluppare lungo i viali del Porto Vecchio e in più, essendo accanto al Magazzino 26, ne costituirebbe una interessante appendice storico-archeologica in area esterna rispetto all’edificio proprio del Museo. In questo senso sembrano molto più ragionevoli le aperture dell’assessore ai Lavori Pubblici Elisa Lodi che, correttamente, ricorda parte di questi dettagli.

Siamo quindi al paradosso che chi si dovrebbe preoccupare della “cultura” in genere, derubrica l’opportunità del recupero e del mantenimento a vista di queste strutture a una sorta di fastidio da ricoprire (e dimenticare?) il più in fretta possibile in modo da garantire il “passaggio di una strada e delle infrastrutture”; mentre chi si dovrebbe occupare di questi ultimi aspetti (strada e infrastrutture) lascia aperta la possibilità di valorizzazione del contesto intuendone il potenziale in senso assoluto ma anche relativo in funzione di un arricchimento del futuro Museo e dell’assetto del Parco Lineare.

C’è quindi da mantenere viva l’attenzione sulla questione, e inserirla all’interno del più ampio processo di discussione che viene fatto attorno al Museo del Mare, ai suoi contenuti e alla sua strutturazione: gli interlocutori coinvolti sono gli stessi, purtroppo al momento anche le dinamiche e le premesse che ruotano attorno alla discussione di cui sopra, sembrano essere le stesse.

Massimo Braini

 

Foto di copertina: elaborazione della mappa catastale del Comune di Gretta foglio II, sezione II (Mappe del Catasto franceschino, Archivio di Stato di Trieste)