Oggi San Luigi non è né periferia urbana, né rione: è una ibrida anomalia caratterizzata da un vivace mercato immobiliare che vende l’immagine di un luogo “silenzioso, immerso nel verde, con vista mare”, che però ha perso la maggior parte dei suoi servizi essenziali. È da questa considerazione che inizia la nostra esplorazione urbana di sabato 2 luglio.

Prima tappa è l’Orto Botanico di via Marchesetti, dove ci accoglie Marco Paparot, naturalista e responsabile per la didattica della cooperativa Ecothema. Fondato nel 1842, l’Orto Botanico è una vera e propria farmacia all’aperto con diverse collezioni di piante suddivise in varie zone, a scopo didattico e ricreativo. Marco ci racconta un dettaglio davvero originale: proprio nell’area dell’orto fu sperimentata per la prima volta l’attecchimento del pino nero austriaco con l’obiettivo di limitare l’intensità della bora, che troppo a lungo limitava o impediva le attività del porto. In effetti dalla sommità dell’Orto Botanico si gode di uno scorcio inedito sulle banchine di Porto Vecchio.

Ritorniamo sulla via Marchesetti, la attraversiamo e saliamo incontrando i primi numeri di via Biasoletto e poi via Machlig. Qui della vecchia Pescheria di proprietà del Comune rimane un edificio chiuso da anni, in totale stato di abbandono. Tullio Marchioli, che vive in via Biasoletto 12, nelle case popolari costruite tra il 1910 e il 1914 dall’ICAM, ci restituisce un’immagine viva del rione: attività, storie e abitudini dove l’aggregazione sociale e la solidarietà erano una costante nella vita degli abitanti. Proprio nelle case di via Biasoletto viveva la nonna di Tullio, una rider ante litteram che ogni giorno partiva da San Luigi per portare il pranzo agli operai del cantiere. Ora, ci racconta malinconico, a San Luigi mancano negozi, botteghe, luoghi di aggregazione, interventi di manutenzione sul verde e sulle strade, ma soprattutto sembra che qui “venga ad abitare la gente che vuole stare isolata e rimanere da sola”.

L’esplorazione prosegue verso il Ricreatorio Lucchini risalendo fino a via Civrani, dove accanto alla chiesa, nel giardino della canonica abbandonata, il gruppo informale UGorà! – Urban Gardening Ora si occupa di rigenerazione urbana attraverso la coltivazione di un orto giardino e la sensibilizzazione di una diversa gestione degli spazi verdi. Fra piante e frutti Morena Pinto ci spiega come l’orto urbano rivesta un ruolo sociale fondamentale: favorisce condizioni di benessere collettivo e rende più vivo e fruibile il territorio, grazie a momenti d’incontro intergenerazionale.  

Dopo una breve pausa in una delle uniche attività aperte a San Luigi, il bar Bidibi Bodibi Bù, che funge anche da piccolo market di beni primari, l’esplorazione si conclude a Villa Engelmann, parco di circa 14.000 mq tra via Chiadino e via dei Porta. Il Comune di Trieste prevede una spesa di oltre 2 milioni di euro per la sua riqualificazione, che prevede il rifacimento, già concluso, dell’area giochi, la progettazione di una futura area cani, la riqualificazione dell’impianto di illuminazione, il restauro della gloriette grande, il restauro dei bagni e della casa del custode, la demolizione dell’edificio ex rimessa e la manutenzione della pista di pattinaggio con la realizzazione di una nuova area per attività. È alquanto limitato però pensare che basti la manutenzione del verde e il restauro di alcuni edifici per far vivere un giardino. È necessaria una gestione condivisa tra il Comune e le associazioni attive sul territorio in modo da organizzare attività ricreative e culturali all’aria aperta durante tutto l’anno. Il degrado urbano si riesce a evitare solo quando tutti gli abitanti della zona sono chiamati a intervenire attivamente nella progettazione partecipata degli spazi comuni, invece di considerarli “terre di nessuno”.