Lo scorso 15 settembre Adesso Trieste ha organizzato un incontro molto seguito sulla situazione dei Musei Civici e sulla mancanza di una loro direzione. Ecco i maggiori controsensi che sono emersi da quello scambio.
L’assessore Rossi ha scritto che i servizi culturali come appunto i musei devono creare “un ritorno economico su scala più ampia”, per questo serve un “cambio di mentalità”, “nuove strategie, lavoro di squadra, ottenimento di risultati”.
Ora, i musei che negli ultimi anni hanno fatto maggiori utili e hanno avuto un maggiore successo di pubblico sono quelli che hanno un direttore e uno staff interno dedicato, per cui sono in grado di prendere decisioni in maniera autonoma perché hanno un proprio budget e capacità di spesa, pur essendo vincolati al pareggio di bilancio.
Il nostro Comune fa esattamente l’opposto. Dà meno autonomia ai musei perché ogni decisione che prevede una spesa è centralizzata e può essere assunta solo da un dirigente amministrativo, che oltre a occuparsi dei musei ha in carico anche tutti gli eventi culturali, sportivi e la promozione turistica. Si trova dunque ad affrontare una mole di lavoro enorme, che dovrebbe essere distribuita tra più persone. Inoltre, i singoli musei non hanno un capitolo di spesa dedicato a ognuno di essi nel bilancio comunale, quindi nessuna autonomia finanziaria: è il dirigente amministrativo che assegna le risorse in base all’emergenza e senza nessuna programmazione.
“L’amministrazione – continua l’assessore Rossi – intende puntare sulla figura del conservatore museale, quale primo responsabile e vero direttore del museo”.
Ma i conservatori sono funzionari, non dirigenti, quindi non hanno nessun potere di spesa, nessun potere decisionale, né possono gestire il personale. Ogni loro richiesta deve passare dalla scrivania del dirigente amministrativo, che dovrà prendersi il tempo per soppesare, valutare e infine prendere una decisione in un contesto che non conosce a fondo, anche solo perché lavora fisicamente da un’altra parte e si occupa di altre mille incombenze. Come è facile intuire, un museo è tanto più efficiente quanto più la direzione culturale lavora a stretto contatto con gli uffici amministrativi.
Inoltre, se in ogni museo i ruoli sono distinti, è per qualche ragione. Il conservatore è concentrato sulla valorizzazione e la custodia del patrimonio. Il direttore pensa a far crescere il museo, adeguandolo ai tempi, inventando nuovi servizi, tessendo relazioni culturali con altre istituzioni, attraverso una pianificazione strategica.
Secondo l’assessore della Cultura soltanto un manager sarebbe capace di “sviluppare una politica museale tesa non solo alla crescita del valore culturale dell’istituzione museale stessa ma anche – e soprattutto – dell’attrattività turistica della città”.
Al momento il personale dei musei è ridotto all’osso, quanto basta per tenerli aperti. Paradossalmente, alcuni musei sono gratuiti per il semplice fatto che non c’è abbastanza personale per tenere aperta la biglietteria. E senza un pool di persone giovani ed esperte nel marketing e nella divulgazione per rilanciarli, per pensare ad allestimenti innovativi o a nuovi percorsi didattici, per creare eventi e attività collaterali al loro interno, come possono attirare più visitatori?
La volontà politica è dunque chiara: far diventare obsoleti i Musei Civici con il loro ricco e deprezzato patrimonio, per puntare tutto sulle mostre preconfezionate chiavi in mano che l’assessore assieme al manager da lui direttamente nominato possono scegliere dai cataloghi di società private come Arthemisia. È il supermarket della cultura di bassa qualità, dove mostre generaliste che non apportano nessuna nuova conoscenza approdano nella nostra città dopo aver girato in lungo e in largo la penisola.
Tutte le risorse per far crescere e rinnovare l’offerta museale (le attività invisibili che ci stanno dietro) saranno invece incanalate negli eventi. Ma per incentivare l’offerta turistica bisogna lavorare sulla reputazione della città come polo culturale nel suo complesso, non mettere in concorrenza i musei tra loro (ad esempio civici vs. statali) o concentrarsi solo su singole mostre.
Come ha ricordato l’ex direttrice del Museo Revoltella nel suo intervento, mostre di ben altro livello e capaci di richiamare un vasto pubblico erano state organizzate a Trieste in anni passati. Erano mostre pensate insieme agli artisti stessi, o che approfondivano un filo tematico valorizzando il proprio patrimonio.