Il seguente articolo è stato pubblicato sull’edizione de Il Piccolo del 28 agosto 2023.

È soprattutto il tempismo della proposta a svelare l’ipocrisia di chi, come il Vicepresidente Tajani, caldeggia una privatizzazione dei sistemi portuali. Proprio mentre tramonta l’ipotesi di una prosecuzione del MoU sottoscritto nel 2019 con la Cina, accordo che era stato additato come una svendita del porto di Trieste a Pechino, il leader del partito che più aveva cavalcato questa fake news oggi ipotizza di rendere possibile, dal punto di vista legale, ciò che fino a ieri denunciava come un pericolo da evitare a tutti i costi.

L’accordo della Via della Seta non ha prodotto effetti tangibili sia a causa della crisi pandemica, sia perché c’è chi si è mosso per renderlo improduttivo. Emblematico il caso della Piattaforma Logistica Triestina, con l’ipotesi di concessione a China Merchants soppiantata dall’offerta (più bassa) dei tedeschi di HHLA.

Ma di questo, appunto, stiamo parlando: di concessioni, temporanee e accompagnate da piani industriali, sulle quali l’Autorità di Sistema Portuale ha il dovere di vigilare e il potere di intervenire, fino alla revoca. Un meccanismo che mette al riparo i nostri porti da quanto successo in Grecia, con la vendita della quota di maggioranza dell’Autorità Portuale del Pireo a COSCO: imposizione derivante dalle misure di austerità della Troika, supportate dal Partito Popolare Europeo di cui Forza Italia è il più autorevole esponente italiano.

Il cortocircuito è dunque evidente: i porti italiani non devono fare la fine del Pireo, ma solo se i potenziali compratori rischiano di essere cinesi. A tutti gli altri, Tajani stenderebbe tappeti rossi.

La proposta politica di Tajani, che non ha ancora dei contorni chiarissimi, sarebbe inaccettabile anche se si limitasse all’ipotesi di privatizzare “per decreto” non tanto le Autorità quanto le società erogatrici di servizi. L’idea che il pubblico debba svolgere esclusivamente la funzione di “arbitro”, cioè di un attore neutro che si limiti a far valere il rispetto di (poche) regole, non regge alle sfide imposte dalla tempesta perfetta che si sta producendo nello scenario globale.

Tornando a Trieste, è evidente che senza un soggetto pubblico forte come ha scelto di essere l’Autorità sotto la guida di Zeno D’Agostino, AdriaFer non sarebbe stata risollevata dalla liquidazione decisa da Monassi nel 2011, scelta che preludeva alla privatizzazione del servizio, e oggi non ci sarebbero state le condizioni per i numerosi record conseguiti nella movimentazione ferroviaria portuale. Anche nel caso della fondazione di ALPT, agenzia che eroga il lavoro temporaneo sulle banchine, l’impulso iniziale da parte del pubblico è stato cruciale, in un settore fino ad allora dominato da numerosi, litigiosi e spesso fallimentari operatori privati.

La capacità del pubblico di orientare il sistema economico nella direzione di una maggiore sostenibilità e del rispetto della dignità del lavoro non è replicabile dagli interessi privati. Né si può pensare che siano i privati da soli a garantire l’apertura che è la cifra fondamentale di qualsiasi porto, e ancora di più di un Porto Franco che in quanto tale non può permettersi di fare riferimento a un unico interesse nazionale, e tantomeno a singoli interessi privati.

Per ragionare su un orizzonte lungo e muoversi nella giusta direzione serve un quadro di regole che dia al pubblico la possibilità di intervenire proattivamente, e servono manager capaci di interpretare nel migliore dei modi gli strumenti a loro disposizione. Ciò di cui sicuramente non abbiamo bisogno è di politici come Tajani che interpretano la propria funzione come quella di liquidatori di beni e servizi strategici per il presente e il futuro delle nostre comunità.

Riccardo Laterza – Capogruppo di Adesso Trieste in Consiglio Comunale