Il seguente contributo costituisce la versione completa dell’articolo apparso su Il Piccolo di mercoledì 17 marzo 2021.

Tra Trieste e Muggia Roberto Dipiazza ha accumulato un ventennio da Primo Cittadino. Dovrebbe dunque aver maturato un’esperienza sufficiente per sapere che è lecito, e anzi salutare, che in politica si confrontino e competano tra loro prospettive diverse sullo sviluppo della città. Il Sindaco, invece, taccia qualsiasi critica e posizione diversa dalla sua come frutto di incompetenza o addirittura di risentimento o invidia nei suoi confronti. Non si capisce peraltro la ragione di tanta agitazione, considerata l’opposizione blanda che gli è stata riservata nel corso degli ultimi anni, culminata nel voto favorevole del centro-sinistra alle linee guida sul Porto Vecchio poco più di due anni fa, un errore del quale a posteriori qualcuno farebbe bene a rendere conto.

Le scelte politiche in campo urbanistico della Giunta Dipiazza difendono un modello di sviluppo che, fortunatamente, appartiene al passato e non è più sostenibile: esclusivamente incentrato sul mercato immobiliare e sull’erogazione di servizi, giocato al ribasso sul costo del lavoro. La proposta che Adesso Trieste sta costruendo mira a ricostruire una base produttiva ecosostenibile per la città, connessa con i settori del Porto e della ricerca, che garantisca un lavoro di qualità a chi vuole restare o tornare.

 

Variante sul Porto Vecchio

Il Sindaco sostiene che in Porto Vecchio potranno trovare spazio anche industrie ad alta tecnologia: falso, perché tra le destinazioni ammesse dalla variante promossa dalla Giunta c’è quella direzionale (ovvero uffici) ma non quella produttiva (trasformazione e manipolazione, “leggera” e compatibile con il resto della città, di merci). La variante prevede invece che nel sistema “misto” la residenza debba essere la funzione prevalente sulle altre, fino a un massimo del 70% dei volumi di quei magazzini. L’idea del Comune è dunque quella di provare a riempire il Porto Vecchio di funzioni per le quali la città offre già abbondante spazio oggi inutilizzato (12.000 alloggi e 1.800 negozi vuoti in tutta Trieste). 

Ridurre il ruolo di Ursus a quello di super-agente immobiliare, inoltre, è un errore macroscopico, agevolato purtroppo dalla formulazione dell’ormai famoso “emendamento sulla sdemanializzazione” dell’allora senatore Russo, che prevede de facto la vendita degli immobili come unica strada da percorrere per la valorizzazione dell’area del Porto Vecchio. Si tratta di una previsione che a nostro parere andrebbe rivista, ragionando in termini di concessione e comodati d’uso, in modo che sia il pubblico a governare, nel tempo, le destinazioni dei beni e la vocazione dell’area nel suo insieme. Occorrerebbe perciò che il Comune intavolasse su questo punto una discussione con l’Autorità Portuale, trovando un nuovo accordo a vantaggio della città, delle parti finora coinvolte e di altre che per il momento sono state lasciate purtroppo ai margini, come il sistema della ricerca, del quale autorevoli esponenti hanno preso parola nei giorni scorsi anche da queste colonne. 

 

Piano Urbano della Mobilità Sostenibile

Nel 2019 Dipiazza ha firmato il “Patto dei Sindaci per il clima e l’energia”, attraverso il quale si impegna a ridurre le emissioni del 40 % entro il 2030. Non è chiaro come si intenda raggiungere questo ambizioso obiettivo, considerando che uno degli strumenti chiave nella lotta alle emissioni, il PUMS, non esplicita alcun obiettivo e non prevede nessuna riduzione di emissioni legate alla mobilità (che contribuisce per il 28% delle emissioni totali). Un Piano che, in controtendenza con qualunque città europea, prevede la diminuzione degli spostamenti pedonali, disegna turborotonde e parcheggi, lascia dunque inalterato un sistema incentrato sull’auto privata, rispondendo a una visione anacronistica e contraria al benessere dei cittadini.

Anche la tanto dibattuta ovovia è un’opzione di mobilità disegnata per lasciare indisturbato il traffico di auto private. Non costituisce una vera soluzione al problema dell’accesso da nord alla città, e presenta invece grossi impatti ambientali, un’incompatibilità con la Bora e un profilo di sostenibilità economica inesistente. Diverse associazioni cittadine e migliaia di cittadini si sono già espressi numerose volte con appelli, comunicati stampa e una lettera al Governo, per evitare questo spreco di denaro pubblico e puntare piuttosto su un sistema tranviario moderno – come fatto a Bologna, Reggio Emilia, Torino, Padova – integrato con la rete ferroviaria esistente. Nel frattempo, in questi mesi sarebbe stato possibile affrontare immediatamente il problema della mobilità sostenibile in città, con interventi sulla mobilità pedonale e ciclabile che sono invece totalmente mancati.  

 

Piano Particolareggiato del Centro Storico

C’è ben poca visione di futuro anche nel Piano Particolareggiato del centro storico, che prevede di destinare enormi spazi in pieno centro città a parcheggi, l’unica cosa che sembra essere cara a questa Giunta. I parcheggi in pieno centro sono attrattori di traffico e costituiscono parte del problema anziché della soluzione: il PPCS li prevede ovunque, perfino a ridosso di scuole o asili, come quello previsto in via Tigor, dove i residenti chiedono invece di poter usufruire di aree verdi inaccessibili da decenni. Mentre praticamente tutte le città europee puntano a costruire parcheggi di scambio all’esterno del centro, collegati con moderni sistemi di mobilità pubblica, la Giunta vuole riempire sempre più il centro di auto private, incentivandone l’acquisto e l’uso e disincentivando la mobilità sostenibile, a piedi, in bici o con il trasporto pubblico.

 

Parco del Mare

Nel suo intervento su Il Piccolo Sindaco si è (volutamente?) dimenticato di nominare un altro mega-progetto promosso dalla sua Giunta che va nella direzione opposta a uno sviluppo sostenibile della città: il Parco del Mare, cui il Comune ha contribuito con una variante urbanistica nell’area della Lanterna, agevolando dunque la scelta della Camera di Commercio di destinare 8 mln di € di fondi dei commercianti per questo progetto, anziché per azioni concrete di sostegno al commercio locale messo in ginocchio dalla pandemia. Il Parco del Mare è un anacronistico zoo liquido, cartina di tornasole di un modello di turismo non più sostenibile per un territorio. Lo stesso modello del turismo crocieristico e degli alberghi di lusso con i quali questa Giunta sta svuotando il centro storico, puntando sulle ricadute occupazionali ma omettendo il fatto che siano posti di lavoro mal pagati e senza tutele, come racconta la vertenza delle lavoratrici dell’Hotel Savoia. Un modello di turismo di massa mordi e fuggi che ha pienamente dimostrato la sua fragilità nel corso della crisi pandemica, e che è evidentemente destinato a rimanere nel passato. Una visione di futuro non può fare a meno di prevedere forme di turismo meno impattanti sulla città, basate sulla valorizzazione delle risorse naturali, delle relazioni sociali, delle storie e delle identità plurali del territorio, che distribuiscano ricchezza in modo capillare, creando valore sociale e culturale. Per questo Adesso Trieste propone un eco-parco del mare diffuso, che avvicini non solo i turisti ma anche i cittadini al mare, promuovendo la tutela della biodiversità e dei mestieri tradizionali, collegando il mare al Carso e rendendolo un nuovo spazio di promozione di stili di vita sani nel rispetto dell’ambiente. 

 

Sono tutti temi sui quali sono molti i cittadini che hanno ed esprimono idee diverse da quelle dell’attuale Giunta. Idee che meriterebbero attenzione e non derisione o sbrigative bocciature, e su cui Adesso Trieste chiede un confronto pubblico con il Sindaco. Per costruire il futuro che la nostra città si merita non si può più fare politica con il paraocchi rivolgendo lo sguardo solo al passato.