Volevo ringraziarvi perché penso che in questi tre anni abbiate dimostrato che se c’è la possibilità di trasformare e migliorare la nostra città, lo si può fare solo attraverso la lotta, la mobilitazione, l’attivazione non solo di una piccola parte della città, ma di tutta la cittadinanza. E credo che questa cosa sia stata dimostrata sia nel vostro lavoro come sindacato, così come nel contributo economico che il mondo della portualità e della logistica ha dato a Trieste in questi ultimi anni.

Su questo mi piace citare una cosa che Stefano Puzzer dice spesso: “Voi siete andati oltre la vostra funzione e l’avete fatto non soltanto dal punto di vista sindacale, ma penso anche dal punto di vista economico”. Siamo arrivati a un punto nel quale fortunatamente – e fino a qualche anno fa era insperato – lo sviluppo portuale di Trieste ha assunto delle dimensioni rilevanti, ha generato della ricchezza, di cui beneficia tutto il territorio, ma siete voi per primi – mi riferisco sia al sindacato, sia alla parte datoriale e all’Autorità – a ribadire che non di solo porto può vivere e può rilanciarsi la città, non di solo settore terziario, non di solo settore logistico.

Trieste ha un problema enorme che è lo spopolamento, che è l’emigrazione giovanile, che è la depressione economica che esiste nella nostra città, che è l’assenza di una vera e propria base produttiva, larga, di qualità, sostenibile e compatibile con la vita della città.

Il sindaco Dipiazza spesso ama dire che Trieste non è una città industriale. Non so se lo ricorderà stasera perché forse non è l’uditorio migliore con il quale esordire con questa affermazione, ma io qui ci tengo a specificare che non è vero che Trieste non è una città industriale. Trieste è una città che è stata de-industrializzata nel corso degli ultimi decenni, anche a causa di scelte politiche profondamente sbagliate. E se oggi siamo sotto il 10% di contributo che il settore industriale dà all’economia cittadina, è anche per delle scelte sbagliate non solo a livello nazionale, ma anche a livello locale.

Il riconoscimento dell’Allegato VIII e della possibilità di procedere con le trasformazioni delle merci in regime di porto franco internazionale è un primo, importante tassello tra quelli di cui abbiamo bisogno in questa città per invertire veramente la rotta. È fondamentale, è un lavoro sul quale in tante e tanti stanno dedicando molta attenzione, ma evidentemente da solo non è sufficiente. Io credo che in questa città servano, per esempio, delle scelte urbanistiche profondamente diverse.

Su questo vorrei poi fare un accenno al Porto Vecchio, visto che era stato citato nell’introduzione ma finora non c’è stato modo di parlarne. Penso che vadano fatte delle scelte profondamente diverse in termini di relazione tra le istituzioni a livello locale, il mondo della ricerca e le categorie delle imprese, dei datori di lavoro e dei sindacati. Penso per esempio che vada rinnovato il protocollo di Trieste-città della conoscenza, in maniera che sia collegato con la possibilità di insediare industrie ad alta tecnologia.

Riguardo al Porto Vecchio, io credo che noi riusciremo veramente a invertire la rotta se accanto al riconoscimento della possibilità di procedere alla trasformazione in regime di porto franco, doteremo chi vuole investire in questa città degli spazi necessari per farlo. Porto Vecchio ha tutte le caratteristiche – dal punto di vista della localizzazione, della connessione logistica, della connessione con la città – per insediare industrie ad alta tecnologia, industrie ad alto valore aggiunto, che darebbero quel lavoro di qualità, con salari degni. Per farlo però è necessario compiere scelte completamente diverse perlomeno dagli ultimi cinque anni, se non di più.

È necessaria una variante al piano regolatore che riconosca la possibilità di fare produzione in queste aree. È necessario prendere in considerazione, qualora ci sia la domanda da parte del mercato, il reinsediamento dei punti franchi anche in quest’area. È necessario pensare a una gestione pubblica dell’area, che non pensi che si possa soltanto spezzettare e vendere al miglior offerente i magazzini, ma anche andare a un regime concessorio che permetterebbe per esempio anche a chi non ha immediatamente i capitali per entrare in un gioco di questo tipo, di essere sostenuto dal pubblico in un investimento produttivo per tutta la città.

Oggi come al solito il presidente Zeno D’Agostino ci ha dato una lezione magistrale su quale sia il ruolo del pubblico nel 2021. Io credo che questo sia un insegnamento che vada applicato anche al resto della città, anche a tanti altri ambiti nei quali per molti anni chi ha governato ci ha raccontato che il privato era sempre migliore del pubblico, mentre la pandemia in molti ambiti ha dimostrato esattamente il contrario.

Su questo chiudo dicendo che il ruolo del pubblico non è soltanto un ruolo di pianificazione e strategia ma anche un ruolo di regia e di controllo. In conclusione vorrei portare la solidarietà mia e di Adesso Trieste, ma sono convinto anche di tanti altri presenti qui,  nei confronti dei lavoratori della GST, azienda che oggi è sotto inchiesta per caporalato. Questo nel porto di Trieste, nella nostra città, nel 2021. Penso che sia vergognoso e inaccettabile che esistano ancora oggi condizioni di lavoro che rasentano lo schiavismo, per cui serve non solo la solidarietà ma anche l’impegno a fare in modo che le istituzioni pubbliche di questa città vigilino meglio e collaborino tra di loro perché situazioni del genere non si ripetano più.

15 settembre 2021